Paolo ha una grave malattia ereditaria, la policistosi renale, che ha trasformato i suoi reni in un ammasso di cisti. Ha 53 anni e da circa due anni è costretto alla dialisi. La sua unica speranza di una vita normale è il trapianto, ma l’attesa è lunga: inoltre, anche se nel corso degli anni l’opportunità di fare l’intervento si è presentata più volte, ogni volta l’organo del donatore non era purtroppo adatto al trapianto.

A luglio, finalmente la svolta: un donatore deceduto ha dei reni adatti. L’unico problema è che questo donatore ha più di 83 anni e quindi gli organi potrebbero non essere pienamente funzionali per Paolo, che ha 30 anni di meno. Qui entrano in gioco gli esperti della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano, guidati da Mariano Ferraresso: “Dopo attente valutazioni, abbiamo preso la decisione di ricondizionare questi reni, utilizzando le nuove macchine per la perfusione renale da poco disponibili nel nostro ospedale”. Queste apparecchiature si chiamano LifePort e sono arrivate in Policlinico grazie a una donazione dell’Associazione Bambino Nefropatico; servono a preparare all’intervento chirurgico i reni di donatori piccolissimi, anche sotto l’anno di vita, che altrimenti difficilmente potrebbero essere trapiantati con successo. L’intuizione dei medici è quella di applicare lo stesso metodo utilizzato per i reni dei bambini ad un rene molto più ‘anziano’, in modo da ringiovanirlo (in gergo medico si dice ‘ricondizionarlo’) e renderlo quindi adatto al trapianto. La tecnica ha funzionato, e quindi la possibilità di effettuare il trapianto è diventata concreta.

  “L’impiego di queste macchine di perfusione renale – aggiunge Ferraresso, che al Policlinico è direttore dell’Unità Operativa di Trapianto di Rene – ha trovato ampio riscontro a livello internazionale e ormai un’ampia casistica dimostra come collegando i reni prelevati a queste macchine si migliori notevolmente il successo del trapianto, riducendo la necessità di dialisi nel postoperatorio, diminuendo il periodo di degenza e utilizzando con successo risorse che altrimenti non verrebbero considerate”. Senza contare che, in questo modo, si recuperano organi che altrimenti non potevano essere trapiantati, e quindi se ne aumenta la disponibilità per tutti quei pazienti in lista d’attesa per un rene nuovo.

  L’equipe di esperti del Policlinico ha vegliato tutta la notte sui reni donati, che subito dopo il prelievo erano stati collegati alle macchine di ricondizionamento. Per ore ne hanno controllato i parametri e registrato ogni tipo di informazione; al termine della procedura, solo uno dei due reni è risultato idoneo, ed è quindi stato utilizzato per trapiantare Paolo.

  “Il fatto di essere tra i pochi Centri in Lombardia e pochissimi in Italia ad avere la disponibilità di queste macchine di perfusione – aggiunge Ferraresso – ci pone su un livello di eccellenza tra i Centri di trapianto renale. La Direzione strategica della nostra Fondazione ha fortemente creduto in questo progetto e ha messo in campo risorse e competenze per permetterci di essere rapidamente operativi. Il lavoro coordinato dell’Ingegneria Clinica, del Servizio di Informatica e l’addestramento specifico della mia equipe e del personale infermieristico ci hanno permesso di essere pronti alla prima occasione disponibile”.

  L’intervento di trapianto è perfettamente riuscito. Oggi Paolo sta bene, ed è già stato dimesso: è tornato a vivere una vita senza dialisi, grazie ad un organo che, solo poco tempo fa, non sarebbe potuto nemmeno essere trapiantato.

Print Friendly, PDF & Email