Due arresti a Milano per terrorismo

In manette un egiziano e un italiano di origine egiziana: secondo l'accusa avrebbero fatto proselitismo e raccolto soldi per l'Isis.

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E’ in corso un’operazione antiterrorismo della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Milano – Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo – con due arresti nei confronti di un egiziano e un naturalizzato italiano di origine egiziane, accusati di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo. L’operazione è condotta dalla Digos di Milano, dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Perugia, dalla Direzione centrale della Polizia di Prevenzione e dal Servizio centrale Polizia Postale e delle Comunicazioni. Secondo le accuse, le loro condotte di propaganda, proselitismo on line e finanziamento dell’Isis erano “strettamente connesse alla loro partecipazione all’organizzazione terroristica internazionale denominata Isis”. Data la “gravità” dei fatti e “l’elevato allarme sociale” la Procura ha indetto una conferenza stampa per illustrare l’operazione. Secondo le accuse, le loro condotte di propaganda, proselitismo on line e finanziamento dell’Isis erano “strettamente connesse alla loro partecipazione all’organizzazione terroristica internazionale denominata Isis“. Anche “minacce” alla premier Giorgia Meloni sarebbero state rintracciate nelle chat in cui scrivevano i due arrestati. I due, in particolare, mettevano i loro commenti di appoggio all’Isis e contro l’Occidente su gruppi Telegram, Facebook e WhatsApp, frequentati da estremisti.

L’attività d’indagine è stata coordinata dal Procuratore Capo di Milano Marcello Viola e dal Pubblico Ministero Alessandro Gobbis, e ha dato esecuzione a misure di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP Adriano Filice, a carico di un 44enne e 49enne di origine egiziana, ritenuti responsabili di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo ed istigazione a delinquere con finalità di terrorismo. In particolare, l’attività investigativa condotta dalla Digos di Milano – Sezione Antiterrorismo e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Perugia, in collaborazione con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e con il Servizio Centrale Polizia Postale e delle Comunicazioni, ha avuto inizio nell’agosto del 2021 quando, sulla base di acquisizioni d’intelligence e dalle indagini su un altro procedimento penale, gli investigatori hanno avviato mirati approfondimenti nei confronti dei due indagati, entrambi evidenziatisi per la comune presenza su gruppi WhatsApp di matrice jihadista e riconducibili allo Stato Islamico. L’indagine ha confermato la centralità del cyberspazio e dei circuiti mediatici internazionali, nella diffusione del messaggio jihadista finalizzato al proselitismo ed all’esaltazione delle azioni terroristiche da parte dell’organizzazione a cui hanno aderito gli indagati. In particolare, la Polizia ha riscontrato l’utilizzo della rete per una sorta di addestramento diffuso, cristallizzando a carico dei due soggetti indagati i seguenti elementi indiziari: copioso materiale inneggiante ad azioni terroristiche violente, in diversi casi con bambini protagonisti; condivisione sui propri account Facebook di contenuti jihadisti, con commenti e like di approvazione su profili altrui; presenza su canali Telegram e gruppi Whatsapp direttamente riconducibili allo Stato Islamico o ad esso affiliati, con la partecipazione di centinaia di utenti, registrati con numerazioni siriane, afgane, irachene, nord-africane, ma anche europee e sudamericane; versamenti di denaro disposte a favore di nominativi stanziati in Yemen e Palestina e indottrinamento religioso svolto nei confronti dei familiari, con particolare riferimento ai figli minori. Nel corso della lunga indagine, il quadro probatorio si è ulteriormente aggravato con un giuramento di fedeltà allo Stato Islamico postato su un profilo Facebook da uno degli indagati nel maggio 2022. A riprova dell’assoluta gravità degli elementi ricostruiti, è stata rilevata da parte degli indagati un expertise nell’uso delle armi e la disponibilità a dare consigli a chi volesse essere introdotto al loro impiego. Inoltre, sono state individuate, sempre sul medesimo profilo Facebook, delle minacce dirette a cariche istituzionali italiane.

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