C’è qualcosa che non quadra. Un tempo i partiti erano come le squadre. Non quelle di calcio professionistico, dove i professionisti – appunto – entrano ed escono a seconda di chi li ingaggia. Ma come quelle squadre di dilettanti che stanno insieme da anni e anni, e nelle quali generalmente il più vecchio e assiduo è il capitano, dove gioca chi ha fatto l’allenamento o chi non manca mai alle trasferte, insomma chi si sacrifica.

Tradotto in politica: un tempo i vecchi partiti, a cui il Pd faceva riferimento e dai quali ha mutuato in effetti la propria composizione, e direi pure più che giustamente, premiavano quelli che pian piano facevano tutto il percorso.

Per guidare il partito, che è la squadra, ci vuole il più affezionato, il più fedele, quello che ha sofferto di più

Premiavano quelli che avevano volantinato, preso freddo, che erano andati in mille piccole televisioni locali a prendersi a parole con gli avversari, quelli che andavano a fare comizi con 10 persone in sala e 8 sul palco.

Quelli che rinnovavano la tessera quando il partito stava al minimo storico e poi venivano pure scartati dai posti di potere quando il partito stava al massimo. Insomma, tradotto: i militanti. Perché va bene che al governo magari ci va il migliore, il più competente, ma per guidare il partito, che è la squadra, ci vuole il più affezionato, il più fedele, quello che ha sofferto di più. Però, il Partito Democratico ha deciso di innovare.

E così pensa bene di far competere alla segreteria una come Elly Schlein che non era manco iscritta ma che per l’occasione ha preso la tessera. Un po’ come quello che non si allena mai, che le trasferte dove si pigliano le botte non le fa, ma quando c’è la partita in casa non solo vuole giocare, ma vuole anche la fascia di capitano.

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