Solitudine e isolamento, in aumento i disturbi dell’alimentazione

Da uno studio emerge che l’isolamento durante il lockdown ha contribuito a un aumento dei disturbi del comportamento alimentare  come anoressia e bulimia nervosa e binge eating disorder. 

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L’isolamento e le scarse interazioni sociali dovute al periodo di lockdown imposto dalle autorità sanitarie per contenere la diffusione del Covid  ha contribuito, anche in Italia, a un aumento dei disturbi del comportamento alimentare  come anoressia e bulimia nervosa e binge eating disorder.  Neomesia (Gruppo KOS specializzato nella diagnosi e nella cura delle principali patologie psichiatriche con un approccio multidisciplinare), ha avviato uno studio su 150 pazienti che si propone di definire il ruolo della solitudine nell’insorgenza dei disturbi del comportamento alimentare. Dai dati preliminari di questa indagine, relativa a 60 pazienti in prevalenza donne, emerge che la solitudine e le scarse relazioni interpersonali rappresentano un fattore di rischio per i disturbi dell’alimentazione come anoressia, bulimia e binge eating disorder. Al vissuto di solitudine, infatti, è associato un maggiore senso di insicurezza e insoddisfazione corporea: ciò induce la persona che si sente sola ed isolata a sentirsi ‘esclusa’ dalla vita relazionale per motivi legati alla propria forma fisica. Patrizia Todisco, responsabile unità di riabilitazione psiconutrizionale per i disturbi dell’alimentazione alla Casa di cura Villa Margherita di Neomesia (Gruppo KOS) e presidente eletto SISDCA – Società Italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare commenta: “Gli esseri umani, da sempre, sono abituati ad interagire socialmente. A causa della necessità di contenere la diffusione della pandemia da Covid19 si sono trovati improvvisamente più soli, o in alcuni casi totalmente soli, con inevitabili conseguenze psicologiche. Tutti e tre i pilastri che definiscono lo stato di salute – benessere fisico, mentale e sociale – sono stati infatti colpiti dalla pandemia. Gli aspetti interpersonali nei disturbi dell’alimentazione sono stati finora meno studiati rispetto a fattori emotivi e cognitivi e possono avere un ruolo predisponente, precipitante e di mantenimento nella psicopatologia alimentare”. Dall’analisi dei dati preliminari sulle conseguenze psicopatologiche del lockdown nei pazienti con disturbi dell’alimentazione emerge come l’isolamento e la necessità di limitare le relazioni interpersonali abbiano portato in Italia ad un incremento del 30% nel numero di casi di disturbi dell’alimentazione , oltre ad un abbassamento dell’età di insorgenza di queste patologie. I ricoveri e le richieste di aiuto tra gli adolescenti sono aumentati significativamente a distanza di 9-12 mesi dall’inizio delle misure restrittive. La pandemia ha inoltre aggravato la sintomatologia e causato ricadute anche in pazienti in remissione a causa dei maggiori livelli di ansia e stress dovuti dall’isolamento sociale e dalla solitudine. I maggiori esperti in questo ambito discuteranno di questi aspetti in occasione del convegno organizzato da Neomesia – Gruppo KOS dal titolo “I disturbi dell’alimentazione tra solitudine, disagio contemporaneo e disturbi metabolici e psichiatrici” che si terrà l’11 e 12 novembre in modalità webinar.

In Italia sono circa 3 milioni le persone che soffrono di Disturbi dell’Alimentazione di cui circa 2,3 milioni sono adolescenti. L’incidenza dell’anoressia nervosa è stimata per il sesso femminile in almeno 8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno, e fra lo 0.02 e 1.4 nuovi casi nel sesso maschile. L’incidenza della bulimia nervosa è stimata in almeno 12 nuovi casi per 100.000 persone, in un anno per il genere femminile e di circa 0.8 nuovi casi per 100.000 persone, in un anno per il genere maschile. La fascia di età per l’esordio di anoressia e bulimia nervosa è 15 – 19 anni, con una tendenza negli ultimi anni ad un esordio sempre più precoce. L’esordio precoce rappresenta infatti un problema di primaria importanza poiché la malnutrizione può comportare danni permanenti in quegli organi e tessuti che non hanno ancora completato il loro sviluppo. Per questo i clinici hanno sottolineato, in questi ultimi anni, l’utilità di interventi precoci e della continuità della cura in questa fase cruciale per lo sviluppo della persona.

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