Il coworking realtà sempre più importante nell’ambito del lavoro in remoto: questo è stato l’argomento della tavola rotonda di stamattina “Lavorare vicino a casa – Coworking e Near working per la città a 15 minuti”. L’incontro, ideato dal Comune di Milano, ha messo a confronto il mondo delle istituzioni, delle università, delle imprese e dei sindacati. Alla tavola rotonda erano presenti l’assessora alle Politiche per il Lavoro, Attività Produttive e Commercio Cristina Tajani, Massimo Bonini, Segretario Generale CGIL Milano, Vittorio Biondi, Direttore Settore Politiche Industriali e Competitività del Territorio di Assolombarda, Massimo Carraro, Founder di Rete Cowo che hanno discusso i risultati di alcune di indagini condotte dal Politecnico di Milano, dall’Università del Sacro Cuore di Milano e da Collaboriamo. ’incontro è iniziato con una riflessione sui risultati e sulle tematiche emersi da tre ricerche che hanno analizzato la distribuzione dei coworking in città, la loro evoluzione e come questi possano contribuire alla costruzione di una nuova città fruibile in 15 minuti. Con questa espressione si intende la possibilità di raggiungere in non più di un quarto d’ora a piedi o in bicicletta, luoghi di coworking. I tre report offrono una prospettiva integrata sul presente e futuro possibili. Le parole chiave, che ricorrono in tutti i report, sono: policentrismo, prossimità, ibridazione.
Nell’analisi territoriale realizzata da DAStU-Politecnico di Milano, sono state analizzate la geografia degli spazi di lavoro, dimostrando come il fenomeno dei coworking sia prevalentemente urbano. Il 51% infatti si concentra nelle 14 aree metropolitane, con Milano che detiene il primato, ospitandone 119 nel 2021, con una crescita del 75% rispetto al 2014. Strutture che mostrano una buona copertura del territorio tra centro, semicentro e periferia, sviluppandosi per lo più nelle aree periferiche e sempre raggiungibili in meno di 15 minuti di bicicletta.
La seconda indagine, “La trasformazione dei coworking di Milano nell’emergenza pandemica”, realizzata da TRAILab-Università Cattolica del Sacro Cuore, analizza le esperienze degli spazi di coworking durante l’emergenza pandemica e le opinioni dei coworking manager rispetto alle direzioni di sviluppo futuro. Le 87 interviste dirette ai responsabili degli spazi su un totale di 127 presenti in città, hanno rivelato che il 57% ha perso clienti durante il 2020 e il 48% ha dovuto diminuire il numero di postazioni. Dalla crisi però emergono segnali incoraggianti: il 35% dei gestori dichiara di aver avuto nuovi clienti proprio dal quartiere. Cambia quindi la clientela, infatti il 52% dei gestori ha ricevuto richieste di postazioni o uffici da aziende mentre il 37% di avere dipendenti privati interessati a svolgere lo smart working in ambienti diversi dalla propria abitazione.
La terza indagine condotta da Collaboriamo, delinea i tre profili dei coworking nella città di domani: centri di formazione e apprendimento a disposizione del quartiere, piattaforma che possano aggregare tutti gli attori e le associazioni presenti nel territorio e coordinamento dei diversi spazi presenti nell’area in oggetto, come bar e altri luoghi di ritrovo.
Marina Ristori, direttore Area Organizzazione e Sviluppo Professionale, ha poi aggiunto alcuni dati: “Alla fine del 2020, il numero di dipendenti milanesi con accesso allo smart working era pari al 46% del personale in servizio. Per queste persone è importante individuare nuovi spazi di lavoro alternativi alla sede principale e all’abitazione privata, che sia però nelle vicinanze del domicilio. Per questo il Comune di Milano ha messo a punto dei progetti per facilitare l’accesso agli spazi di coworking, mediante accordi con i gestori, e per rendere disponibili spazi lavorativi di proprietà comunale a chi deve lavorare in remoto”.
Con più di 100 spazi, accreditati presso l’elenco qualificato del Comune distribuiti in tutte le zone della città, il capoluogo lombardo è la ‘capitale italiana del coworking’. In origine erano frequentati soprattutto da liberi professionisti, freelance, giovani creativi. Oggi, con la crisi Covid 19 e la diffusione dello smart working, queste realtà costituiscono una risorsa per tutti coloro che cercano un’alternativa al lavoro da casa e ai lunghi spostamenti per raggiungere l’ufficio. “Vogliamo essere la prima Amministrazione a sperimentare nuovi luoghi e nuovi modi di lavorare che si pongano in sintonia con la costruzione di una Milano a 15 minuti e contribuiscano a ridisegnare il modo di vivere e fruire della città e dei suoi servizi post pandemia – così l’assessora Cristina Tajani –: lo smartworking ci accompagnerà anche dopo l’emergenza sanitaria. Dobbiamo quindi lavorare su contrattazione collettiva e politiche pubbliche in grado di limitarne gli effetti negativi, come il confinamento domestico, ed enfatizzarne quelli positivi, come il risparmio di tempo negli spostamenti e la migliore conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro”.

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