Mercoledì pomeriggio alle ore 17 Affaritaliani.it Milano, nel silenzio più assoluto ha dato l’annuncio che il Salone del Mobile previsto per settembre non si sarebbe fatto. Lo ha fatto con tono poco dubitativo. Nelle successive cinque ore mi era successo di tutto: minacce, neppure velate, di farmela pagare, addirittura un comunicato di smentita. Eppure, il fatto – grazie anche a un articolo di Rita Querzè sul Corriere particolarmente centrato e assolutamente informato che di fatto confermava l’anticipazione – è rimasto là. Ora dopo ora. Per un certo periodo si è pensato che il Salone si sarebbe fatto perché la pressione istituzionale da parte di Giorgetti, Di Maio, da parte dei massimi vertici del Pd, era stata avanzata con forza su FederlegnoArredo. Poi, però, gli espositori, che sono quelli che pagano, sono venuti allo scoperto. Tra questi proprio i due che citavo nel mio articolo: Poltrona Frau e Poliform. La prima dicendo che l’aveva deciso già un anno fa. La seconda, dopo aver bollato nei conciliaboli l’articolo di Affaritaliani.it come infondato, con una intervista a Giovanni Anzani che la guida. Fin qui, è la storia di due giornali che raccontano la verità, Affari e il Corriere. Sul tavolo però rimangono un po’ di questioni aperte. La prima: FederlegnoArredo continua a dire che non ci sono decisioni prese sul Salone, nel mentre il presidente si dimette (guarda un po’, come anticipato). E gli espositori dicono che non ci stanno. Quando si arriverà a una decisione ratificata che pare – purtroppo – ormai scontata esattamente come lo era dal primo istante, ovvero da martedì sera?

Si noti che mi piacerebbe assai essere smentito perché far emergere il caso era ed è l’unico modo per mettere in funzione un sistema di protezione per l’evento più importante dell’anno a Milano. Un sistema che scatta però solo se la politica prende pubblicamente e rapidamente posizione, se scatta un sistema di aiuti serio a livello istituzionale, siano le istituzioni cittadine, metropolitane, regionali e statali. Invece si registra il silenzio (quasi) assoluto. Perché? E’ un momento in cui c’è bisogno della politica perché il Salone non è solo un affare tra FederlegnoArredo, Fiera Milano e gli espositori. Ma è un business in cui c’entrano gli allestitori, tutti gli eventi del Fuorisalone, gli albergatori, i commercianti. Insomma, tutti. Mi viene da ricordare che la Scala riaprì con le macerie ancora neppure spalate, e fu un atto di speranza per il Paese.

Perché la politica non aiuta, fuori dalle segrete stanze, una città e un Paese a tornare ad avere speranza?Questo però non può essere a spese degli espositori, soprattutto quelli piccoli (poi capiremo dai bilanci se i big che non ci stanno hanno subito perdite importanti oppure stanno facendo i prudenti in un momento in cui bisogna crederci). I piccoli espositori devono essere sostenuti, devono essere incoraggiati. E i big? I big dovrebbero essere responsabili, e se hanno mantenuto i fatturati (come credo), dovrebbero pensare che in un Paese impoverito anche le loro preziose poltrone o i loro preziosi mobili, avranno assai meno mercato, a lungo andare.

fabio.massa@affaritaliani.it

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