In una buona zuppa c’è un cuore grande che si nutre di parole e di gesti. Come quelli che hanno unito una cordata di partner per favorire l’accoglienza e l’integrazione di 180 minori dai 4 ai 16 anni che, grazie al progetto “Cuore di Zuppa”, potranno trascorrere una vacanza estiva alla Canottieri Milano, all’insegna del benessere e dello sport.

I percorsi offerti dalla storica società sportiva, nell’ambito dei camp estivi, si rivolgono ai bambini e ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie con progettualità diverse, sempre con la missione di allargare la fruizione della pratica sportiva a tutti.

Così lo sport, nel progetto “Cuore di Zuppa” si fa portatore di buone prassi per una vita sana e una crescita psicofisica equilibrata, non solo nella scuola durante l’anno di frequenza, ma anche in estate. È questo periodo dell’anno infatti che permette di favorire il dialogo attorno alla tavola e di alimentare corrette abitudini alimentari, che possono essere trasmesse da tutti gli agenti educativi attraverso un approccio ludico-sportivo. Per questo l’associazione capofila ha predisposto un vademecum con alcuni consigli pratici forniti grazie alla collaborazione della dietista Patrizia Bollo e dalla psicologa Cecilia Sterpa.

All’inaugurazione dei camp sportivi della Canottieri erano presenti l’Assessore alle Politiche Sociali, Pierfrancesco Majorino, il presidente della Società Canottieri, Paolo Invernizzi, e Ivano Zoppi, Presidente di Cuore e Parole, insieme a un’importante rappresentanza dei Servizi Territoriali, con cui si è intensificato il dialogo nell’ultimo anno per rendere sempre più efficaci le azioni sui minori in difficoltà.

I numeri parlano con 115 percorsi per gruppi scolastici, 34 istituti raggiunti grazie al sostegno progettuale, attraverso il sito, di Fondazione Politecnico di Milano, 176 classi sensibilizzate con il supporto dell’Ufficio Scolastico di Milano, ma sono le storie che lasciano il segno. E due in modo particolare.

Una è quella di 8 fratelli profughi di origine siriana che hanno frequentato il camp sportivo. Abu, il maggiore, appena arrivato ha cominciato ad aiutare allenatori e ragazzi più piccoli a raccogliere gli attrezzi e sistemare gli impianti. Si è sentito accolto come in una grande famiglia e ha sperimentato un anno di canottaggio. Poi i fratelli sono tornati e lui, troppo grande per frequentare, li accompagnava ogni giorno.

L’altra racconta di due sorelle di una famiglia italiana, ma in carico a una casa-famiglia. Con loro è stato attivato un percorso di responsabilizzazione dedicato: ogni giorno arrivavano un’ora prima per dare una mano alle bambine più piccole negli spogliatori e avere la loro chance di frequentare un corso. Non un semplice avvicinamento allo sport, ma un corso di nuoto pre-agonistico a tutti gli effetti, per acquisire la consapevolezza che anche loro potevano avere la loro occasione grazie a un ambiente sano e inclusivo.

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