Scrivere bene

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Di Fabio Massa

Sì, dobbiamo scriverlo. Dobbiamo scrivere se chi ha accoltellato una insegnante alla schiena è italiano, francese o neozelandese (è italiano). Dobbiamo scrivere ogni tipo di dettaglio su quanto sappiamo. Sì, dobbiamo scriverlo che erano sette minorenni, di origine egiziana, che stavano in case di comunità, ad aver stuprato una 13enne in un caso che da padre mi fa venire la pelle d’oca. No, non dobbiamo scrivere i dettagli di che cosa le hanno fatto, anche quando questi dovessero finire a processo. Sì, dobbiamo scriverlo che è stato il figlio di Beppe Grillo a finire alla sbarra per violenza. Sì, dobbiamo scrivere quanti erano, quali sono le loro difese, in che cosa si sostanzia il processo. No, non dobbiamo scrivere che cosa le hanno fatto e le domande che sono state rivolte alla ragazza dalla difesa. Sembra tutto logico? Mica troppo. Perché scriviamo se l’accoltellatore di Varese è italiano, ci facciamo scrupoli (e infatti su molti giornali non è neanche scritto) se i 7 stupratori di Catania sono extracomunitari. Non ci facciamo scrupoli (anzi, non se ne fanno, perché non partecipo al festival dell’orrore) a scrivere il virgolettato di lei, e le cose che le hanno fatto, e i dettagli. Ci facciamo scrupoli politici – quando erano al governo – a dire che il figlio di Grillo ha fatto qualcosa (peraltro: le colpe dei figli non ricadono sui padri, e vale però per tutti), non ci facciamo scrupoli ad aver dato nel dettaglio le domande della difesa con i particolari più pruriginosi del caso. Sempre più mi convinco che il problema siamo noi. Proprio noi giornalisti. Ci dobbiamo dare una bella regolata.

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