Ci sono storie, come quella della Juventus e della sua penalizzazione, che dicono tanto dell’Italia. Non entro nel merito, perché non mi occupo di sport. Ma mi vien da riflettere – e mi rendo conto che è una riflessione assai banale – che se la gente dedicasse tanta passione a occuparsi di quando i soldi se li fregano le grandi società dello Stato, o lo Stato stesso, o i rappresentanti dello Stato, forse non saremmo in questa situazione. Detto questo, c’è poi la questione base delle plusvalenze, che oggi in tanti mettono in luce.

Come fai a vendere qualcosa se non c’è qualcuno che la compra?

La vicenda è semplice: se uno compra o vende un giocatore a prezzo gonfiato, c’è qualcuno che è d’accordo. Come fai a vendere qualcosa se non c’è qualcuno che la compra? E’ esattamente come quando contestano a qualcuno il reato di corruzione: c’è chi tira i fuori i soldi e corrompe e chi viene corrotto. Due parti fanno il reato, non una. Bene: in Italia ci sono un sacco di sentenze dove viene condannato il corrotto e non il corruttore, o viceversa. Eppure nessuno dice niente tranne quando capita a una squadra di calcio. E parliamo di alti ufficiali dello Stato, di politici, di dirigenti. Cose che capitano tutti i giorni. Infine, in questa questione della Juventus c’è il difetto più presente in Italia. Ovvero l’ipocrisia. Tutti sanno, e tutti fanno finta di non sapere perché è più comodo così. Tra Milan e Inter – e io sono milanista – quindici anni fa venne fuori lo scandalo di ragazzini valutati decine di milioni di euro per far quadrare i bilanci. Tutti sapevano e nessuno veniva punito. Perché? Perché se non avessero fatto così il sistema calcio sarebbe esploso. Si tratta di ipocrisia.

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Il caso Juve, la bidella di Napoli e altre ipocrisie

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