Mettiamo qualche fatto nel frullatore, e vediamo che cosa viene fuori. C’era una classe dirigente durante la prima ondata, in Lombardia. La classe dirigente è la somma della classe politica più la classe burocratica, nella quale vanno inclusi i dirigenti medici apicali eccetera. La classe politica è completamente cambiata. Al posto di Giulio Gallera è arrivata Letizia Moratti. Guido Bertolaso non c’era, nella prima fase (salvo per l’Ospedale in Fiera, e pure a mezzo servizio con un’altra regione). Lo stesso asse della giunta era più sbilanciato verso gli azzurri: ora con Guido Guidesi, Stefano Bolognini, un nuovo segretario regionale del Carroccio (Cecchetti), l’asse di potere è completamente cambiato. Matteo Salvini, che poche palle ha voluto toccare durante i primi confusi mesi di un anno fa, adesso è attento, ed è al governo. Eppure in Lombardia le cose continuano a non funzionare. Conclusioni? La conclusione ovvia è che se cambia tutta la politica, sia a Milano che a Roma, e i risultati sono gli stessi, probabilmente il problema non è politico. Il problema è che il Covid ci sta dicendo che esiste una intera macchina regionale, con i suoi addentellati nella sanità, che ormai è vecchia, anziana, distrutta da una riforma assurda come quella voluta da Maroni (a proposito, chissà perché nessuno se la prende con lui?), ci deve far cambiare idea profondamente su quel che è la Regione Lombardia. Regione Lombardia, e non parliamo del livello politico – ripeto, va ripensata dalle fondamenta, dagli uomini e dalle donne che sono posizionati nei gangli vitali degli ospedali, della macchina interna, delle direzioni. E la politica deve trovare una sua way out.

PS. Avvertenza per i lombardocentrici: basta guardare qualche pagina di quotidiano locale della Toscana, dell’Emilia, del Piemonte, anche del celebrato Veneto. E si scoprirebbe che l’essere la capitale dei media, per Milano, questa volta è una brutta grana per il potere così come lo conosciamo.

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