Il sindaco di Milano Beppe Sala, come si è letto un po’ dappertutto, ha annunciato che vorrebbe “vietare” il fumo da sigaretta anche all’aperto a partire dal 2030. Molto prima, alle pensiline degli autobus e dei tram. E – in un post su Instagram – ha aperto anche per un divieto di fumo allo stadio di San Siro.

Subito si è scatenata una ridda di interventi a favore o contro. Personalmente non ho nulla contro il divieto. Vi ricordate quando si fumava al ristorante? Sembrava inaccettabile il non poter gustarsi una bella sigarettina tra il primo e il secondo. E invece ce l’abbiamo fatta e oggi si vive meglio. Non ho nulla neppure contro chi fuma, se lo fa con educazione. Il che vuol dire rispettare le basilari regole di convivenza civile: non si fuma vicino a bambini o donne incinte, si raccolgono i mozziconi eccetera. Tutto questo è già normato oggi. Però, e questo vorrei dirlo a tutti i commentatori delle parole di Beppe Sala, Beppe Sala è un fenomeno della comunicazione. Fenomeno. Pensateci: arriva in un posto per parlare, con un’idea ben precisa di quello che i giornali scriveranno delle sue parole. Vuole far passare il divieto di fumo alle pensiline fin da subito? Propone il divieto di fumo nell’intera città. Non da oggi, ma dal 2030. Ecco, è nel concetto di divieto nel 2030 che secondo me si nasconde il problema di un ragionamento che è molto mediatico, molto simbolico, e poco amministrativo. E mi spiego: nel 2030 Berlusconi avrà 93 anni, Salvini si avvierà verso i 60, Zingaretti verso i 65, Renzi ne avrà 55. Trump 83, e non sarà più presidente da un pezzo. Io mi avvierò verso i 50. Beppe Sala ne avrà 71. E c’è un dettaglio importante: se pure sarà rieletto, non sarà più sindaco da 4 anni. Allora il punto è questo. Perché dire no alla sigaretta negli spazi aperti nel 2030, se è un provvedimento giusto e – visto l’inquinamento – pure urgente? Se è giusto, si faccia subito, no?

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