Addio alla Milano riformista, il capoluogo ribolle di rabbia

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Di Fabio Massa

A Milano tira una brutta aria. In Italia, tira una brutta aria. Del resto Milano è una città italiana per eccellenza, altro che internazionale. I movimenti politici sono nati a Milano, le mode nascono a Milano, a Milano è tutto più veloce, più effimero, e anche più violento. Oggi, a Milano, c’è un tumulto del quale non si parla abbastanza. C’è tutta una riflessione da fare, e che non si è fatta, sugli islamici di seconda generazione, italianissimi, che manifestano contro Israele. C’è tutta una riflessione da fare, e che non si è fatta, sulla radicalizzazione di una parte degli esponenti di sinistra sinistra che erano componenti annegati nel riformismo milanese del centrosinistra e che oggi ne sono la parte maggioritaria, e più chiassosa. C’è la scomparsa, almeno dalla pubblica ribalta, della moderazione anche di sinistra, sotto la Madonnina. L’addio di Roberto Cenati alla guida dell’ANPI è l’ultimo campanello di allarme. Tutti i corpi intermedi, le associazioni, i gruppi e portatori di interesse vanno verso la radicalizzazione, l’urlo al posto del ragionamento. Pare proprio che nel capoluogo ci sia poco spazio per il dialogo, e tanto per la contrapposizione netta. Vale per tutto. Vale per l’urbanistica, dove la sinistra più radicale sta inondando la procura di esposti, cercando di bloccare letteralmente tutto. Vale contro la destra al potere in Regione, ma vale anche contro la sinistra moderata al potere in Comune. C’è chi lo fa scopertamente, come il comunista col pile Carlo Monguzzi, e chi lo fa stando dentro gli organi del Pd, silente di fronte alla radicalizzazione. Tra poco arriverà il 25 aprile e bene ha fatto il Corriere della Sera a lanciare l’allarme: che cosa succederà con la Brigata Ebraica? Il Pd avrà la forza di stare dalla parte giusta, come al solito? Oppure si dividerà, si annacquerà, cercherà di recitare tutte le parti in commedia?

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