Di Fabio Massa

I politici, almeno oggi, possono anche riposarsi e fare quel che diceva la mamma di Andreotti (“se non puoi parlar bene di qualcuno non parlarne”). In fondo, tutte le loro dichiarazioni sono come lacrime nella pioggia, solo un po’ più di coccodrillo. La parola su Silvio Berlusconi passa agli storici, che faranno pesi e contrappesi, ragionamenti, libri, convegni. E alla fine arriveranno a una narrazione meno coinvolta, meno cattiva, meno arrabbiata. Lo dico da giornalista che, nei primi anni 2000, muoveva i propri passi. Erano gli anni del Berlusconi imperante, dei due schieramenti, della contrapposizione. I giornalisti erano militanti, eccome. O a favore o contro. Ricordo un vergognoso servizio sui calzini di un giudice che doveva pronunciarsi contro Berlusconi e altri vergognosi servizi sul Cavaliere, sulla sua famiglia, dipinta come il coacervo di tutti i mali. Ma sono ricordi, e tali devono rimanere. Ora c’è la Storia che deve iniziare a fare il suo corso. Lo studio paziente dei documenti, andando a sfrondare l’immensità del rumore intorno a Berlusconi, che lui in parte aborriva e in parte alimentava, bravissimo a vivere nel presente, probabilmente un gigante se visto retrospettivamente, nel passato. Vedremo. Colgo però con un filo di tristezza quelli che oggi rinverdiscono l’antiberlusconismo dei loro 30 anni, magari ultra 50enni, con tutti i pezzi sulla mafia, sui difetti che ebbe in vita, con i commenti al vetriolo sulle sue donne, sui suoi vizi. Ballano sulla sua tomba. Si rassegnino. Sputare addosso a lui non restituirà a loro gli anni persi a ragliare contro un potente che – in fondo – ha fatto il suo percorso, una vita che forse sono state 10 tutte assieme.

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