In Italia esiste un garante della privacy. Quel garante della privacy, per difendere i nostri dati personali, ha deciso che per navigare su un qualunque sito internet dobbiamo schiacciare un pulsante per consentire a quel sito internet di “tracciare” la nostra visita. In pratica, finire in un registro anonimo nel quale si “registra” quel click e lo si fornisce alle agenzie di pubblicità perché eroghino quello 0,000001 euro che spetta al sito o al giornale in questione. Di chi è quel click? Nessuno potrebbe ricavarlo, a posteriori, perché non è collegato ad un nome o a un computer. Ma fa niente. Per il garante della privacy è importante che l’utente sappia che qualcuno lo sta “contando”. Bene, benissimo.

Quando si va in banca, o anche solo per fare la tessera punti del supermercato, bisogna compilare un sacco di campi, firmare, e rendere il modulo per la privacy. Quando si va in posta, idem. Per le aziende se manca un modulo e arriva un controllo sono guai. Questo perché teoricamente nessuno può o deve controllare un cittadino se questo non lo consente.

Quando si installa una telecamera a casa propria bisogna stare attenti a mettere il cartello fuori, altrimenti si potrebbe incorrere in una sanzione anche quando si riprende all’interno della propria proprietà. E bisogna stare attenti a non riprendere parte della strada, perché si rischia una denuncia.

Ora, stante tutto questo, qualcuno mi spiega come (parolacce assortite) può essere che a me, mia moglie, mia madre e tutti quelli che conosco, squilli il telefono 52 volte al giorno da numeri di cellulare che non conosco con gentili signorine insistenti o addirittura con voci automatizzate che mi vogliono vendere la qualunque, dai prodotti finanziari al mercato unico dell’energia, del gas e della madre di quello che ha inventato questo sistema farlocco per cui la privacy vale solo quando è assolutamente inutile e mi possono disturbare sul telefono privato?

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