Parliamoci chiaro: non ho alcuna simpatia per Diasorin. Perché dovrebbe starmi simpatica? E’ una azienda che produce test diagnostici come mille altre. Dunque provo per Diasorin la stessa simpatia che posso provare per la Kodak o per Camomilla Bonomelli. Nessuna. Tuttavia quello di cui sto per parlarvi non attiene alla simpatia o antipatia personali. Ci hanno raccontato, con dovizia di particolari, degli strani maneggi che si sono svolti a Pavia tra Diasorin, l’Ospedale San Matteo e – sullo sfondo – la Regione Lombardia. Ne hanno parlato tutti: le Iene, Report, e tg di ogni ordine e grado.

La storia raccontata è questa: la Regione, per il tramite del San Matteo, ha favorito Diasorin a danno di altre aziende (e segnatamente di Technogenetics, la rivale) e così facendo ha privato dei test diagnostici che erano vitali nella prima ondata, la Lombardia. Perché l’ha fatto? Non è ben chiaro, ma si ipotizzano favori, o legami politici. Fin qui, la narrazione. E se fosse così, vorrei sentire il tintinnar di manette. Poi la narrazione finisce. E arrivano i fatti. Primo fatto: l’8 giugno il Tar annulla l’accordo tra Diasorin e San Matteo perché ravvisa gravi storture e in particolar modo il fatto che non sia stata fatta una gara. Era una delle richieste dei competitori, del resto: perché ci avete escluso? Fin qui, la narrazione regge. Poi arriva il 16 luglio, e il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar. L’accordo è legittimo. Ovviamente questa sentenza non entra nella narrazione. Quando mai? Si continua a parlare del fatto che Diasorin sale in Borsa perché ha venduto una partita di vaccini alla Regione. Diasorin ovviamente impazzisce. Sa di essere sotto il fuoco incrociato. Per farsi aiutare a livello comunicativo chiama la Image Building di Giuliana Paoletti, inutilmente. Intanto la Procura apre un’inchiesta e fa una cosa senza precedenti: visto che il presidente del San Matteo di Pavia ha cancellato le chat di whatsapp, la procura sequestra i cellulari del presidente Fontana, dello staff di presidenza, dell’assessore alla Sanità e altri che non c’entravano niente, per recuperare le conversazioni. Il problema è che non recupera solo le conversazioni: decide di copiare tutto. Tutti i dati. Perché? Non si sa. Ovviamente tutti fanno una sorta di ricorso, perché questa cosa puzza di illegittimità lontano un miglio, ma il tribunale difende la procura: ok la copiatura di cellulari interi ma non si può assolutamente usarla per altro che non sia questo procedimento. Così, anche qui nel silenzio, senza che nessuno dica niente, succede che davanti agli avvocati la Procura deve distruggere tutto quello che ha sequestrato di estraneo all’inchiesta. Ma c’è di più, perché la questione Diasorin va avanti, sotto traccia, mentre il titolo crolla in borsa perché ovviamente se c’è il vaccino non c’è più bisogno di test per il Covid, in ottica futura. E sui giornali continua la narrazione mainstream: a Pavia si sono fatte pastette. Però poi succede che il consiglio di stato, quello che aveva dato ragione a Diasorin, pur emettendo un parere, aveva chiesto al Ministero della Salute di sapere se secondo lo Stato andasse fatta una gara. Risposta del Ministero? No. Tutto regolare? Sì. E non lo dice un ente controllato dalla Lega e da Forza Italia, ma il ministero di Speranza. Ovviamente di questa cosa nessuno leggerà mai. In fondo, chissenefrega. Il punto vero, quello politico, viene soffocato da quello giudiziario. Tutti pensano che ci siano i ladri, e invece la domanda politica da fare – lasciando fuori la magistratura – era un’altra. Perché non fare più accordi con più case diagnostiche? Non esiste solo il San Matteo in Lombardia, esistono decine di ospedali e realtà di ricerca. Questa era la domanda. Ma il problema è che la politica abdica sempre ai magistrati. Sempre. E perde di vista le pur legittime battaglie di posizione sui temi reali. Questo è un male sia per l’opposizione che per la maggioranza: lasciano fare a un potere che dovrebbe giudicare i torti, non le iniziative politiche.

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