C’era una volta un Paese che doveva risolvere il conflitto con i propri fantasmi e imparare a rispettare le regole. Allora, l’argomento è quello della marcia della destra milanese contro i profughi e quindi, in antitesi estrema con quella senzamuri, del 20 maggio. E’ una marcia che può risultare disturbante, per chi magari non è di sinistra, ma fa dell’accoglienza e della tolleranza dei valori. Tanto quanto, però, – e dobbiamo dirlo chiaramente – la marcia del 20 maggio risultava disturbante, fortissimamente disturbante, per chi invece pensa che i profughi aggravino il problema della sicurezza nelle nostre città. Ma il tema di oggi non è capire chi dei due ha ragione. Il tema di oggi è capire un principio democratico. Che è questo: se si può tenere la marcia del 20 maggio, allora anche quella del 27, della destra milanese, ha diritto ad esistere. Purché non ci siano saluti romani e altro fascistume in mostra, perché quello è illegale. Ma tanto questa quanto quella devono essere consentite. Si chiama democrazia. Tuttavia c’è una parte della sinistra che non lo ammette. E questa cosa, per me, è disturbante. Non la penso, personalmente, né come quelli che hanno sfilato il 20 né tantomeno come quelli che sfileranno il 27. Eppure non mi sognerei mai di chiedere (come ha fatto Salvini) di non sfilare per l’accoglienza, né di chiedere (come ha fatto l’ANPI) di non sfilare per la sicurezza. Sfilo, e sfilerò sempre, infatti, per la democrazia.

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