Di Fabio Massa
Il vicepremier Tajani, ad Affaritaliani.it, dice che presto l’Italia arriverà al 2 per cento del PIL per la difesa. Dice anche di sapere che “la Nato chiederà di più e che l’Italia farà il possibile”. Quello che non è chiaro è che cosa ci sia dentro questo 2 per cento di PIL. Se invece di fare sterili polemiche l’opposizione si concentrasse su questo, forse faremmo un passo in avanti. Perché il punto non è quanto si spende per la difesa, ma come lo si spende. In quale direzione. E soprattutto bisognerebbe vigilare che all’interno delle spese della difesa non venga messo dentro di tutto, grande vizio italico del passato. Appena c’è un “silos” per una operazione importante, lo si imbottisce di roba che non c’entra un fico secco, di spese che non sono né congrue né attinenti. Insomma, il rischio più grande di investire nella difesa è il rischio più grande che c’è – sempre – ad investire in qualcosa in Italia: che ognuno se ne arraffi un pezzo. Poi, andate a spiegarlo a Trump e alla Nato…