Di Fabio Massa
Il bello della santificazione sui giornali è che semplifica. Leva la complessità. Taglia le persone con l’accetta. Bianche o nere. Elimina gli errori, le omissioni, i difetti. Si diventa immediatamente portabandiera e vessillo, ed essendo morti, si è come i maiali: non si butta via niente. E si perdoni la frase fatta che non vuole essere irrispettosa. Ognuno prende la parte che più interessa. Vale per tutti i morti eccellenti, ma per il Papa, assai di più. Perché il Papa parla ed esterna e testimonia ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Perché il Papa è il simbolo di una comunità, che è la Chiesa. Che è una comunità aperta nel senso che tutti possono farne parte purché credano e si sottomettano alla sua autorità, ma che è una comunità chiusa nel senso che solo gli appartenenti alla Chiesa ne fanno parte. Invece, dopo la morte del Papa, tutti ne parlano, reclamandone un pezzetto. Pure quelli che non credono in niente, pure quelli che la massima autorità che hanno è la moglie. Atei incalliti anticlericali, che visto che il Papa ha detto qualcosa che alle loro tesi faceva gioco, riprendono quella frase e la sparano sui social dicendo “il Papa era dalla nostra parte”. Non si butta via niente. Filopalestinesi incazzati col mondo che postano interviste di ebrei che parlavano male del Papa, che essendo deceduto e dunque santificato, non può che essere difeso da tutti. Fa niente che poi magari Bergoglio la pensasse in modo più sfumato, più complicato, più grigio e meno bianco o nero. I social abbondano della mano stizzita del Papa con Trump, o dello schiaffo alla cinese, o ancora delle mille e mille situazioni in cui Papa Francesco ha mostrato di essere umano. Ma va bene così, perché il Papa è un cadavere adesso, e del cadavere gli avvoltoi non buttano via niente. Da parte mia, c’è solo silenzio e un vago senso di disgusto. E’ come quando se ne va un parente lontano, potente e controverso. Ognuno ci tiene a dire al mondo quando gli voleva bene, anche se magari in effetti gli faceva schifo, sotto sotto. Io a Papa Francesco non volevo bene. Lo rispettavo come si rispettano le persone intelligenti, i grandi leader, quelli che imprimono una svolta, quelli che sono i più controversi, peccatori e meno comprensibili proprio perché dotati di una cosa chiamata umanità.