Incendio alla Eredi Bertè di Mortara, tre arresti

Guardia di Finanza e carabinieri forestali di Pavia hanno arrestato 3 persone ritenute responsabili dell'incendio alll'impianto di trattamento di rifiuti "Eredi Bertè" di Mortara (Pavia), avvenuto nel 2017.

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L'incendio al deposito di rifiuti di Mortara (Pv)

La Guardia di Finanza e dei Carabinieri forestali di Pavia, con uomini appartenenti alla Sezione di polizia giudiziaria della Procura di Pavia, hanno arrestato 3 persone ritenute responsabili dell’incendio, avvenuto nel 2017, all’interno dell’impianto di trattamento di rifiuti “Eredi Bertè” di Mortara (Pavia). I reati contestati sono traffico illecito di rifiuti, incendio doloso, utilizzo ed emissione di fatture false, bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed autoriciclaggio. Sono stati anche sequestrati 2 milioni di euro (tra disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli). Le indagini erano state avviate nel settembre del 2017 a seguito dell’incendio divampato alla società “Eredi Bertè Antonino” di Mortara (Pavia) e “hanno permesso di accertare – si legge nel comunicato delle Fiamme Gialle – innumerevoli illeciti, anche di natura ambientale, nonché la causa dell’incendio dei rifiuti stoccati nell’impianto di trattamento”. I successivi accertamenti coordinati dalla Dda di Milano hanno poi portato alla luce “un sistema criminale” impegnato a massimizzare i profitti del traffico illecito di rifiuti. Due degli arrestati, entrambi 54enni e gestori dell’impianto di smaltimento, “dopo aver ammassato indistintamente quintali di rifiuti pericolosi” li smaltivano senza alcuna operazione di trattamento o recupero, ottenendo profitti illeciti per circa 2 milioni. Non solo: “una volta accortisi che la gestione dell’impianto era divenuta insostenibile a causa dell’enorme quantità di rifiuti, i due decidevano di dar fuoco al piazzale al solo scopo di ripulire, a costo zero, l’intera azienda di smaltimento, noncuranti dell’enorme danno per la salute”. Dopo l’incendio la società venne dichiarata fallita e i due gestori, attraverso società intestate a prestanome, lavorarono per far sparire i capitali illeciti

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