Puliamo il Mondo dai Pregiudizi: al via la campagna di Legambiente per spazzare via rifiuti e preconcetti

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Rendere il Pianeta un posto più salubre, spazzando via –  insieme ai rifiuti – i preconcetti e i meccanismi che alimentano emarginazione, ingiustizie, soprusi: questo l’obiettivo di Puliamo il Mondo dai Pregiudizi, la campagna di Legambiente che torna anche quest’anno, con il sostegno di un variegato comitato organizzatore di associazioni in prima linea nell’integrazione di migranti, comunità straniere, diversamente abili, nel recupero e reinserimento di detenuti ed ex detenuti, nella lotta contro le mafie e contro ogni forma di discriminazione, in favore delle fasce più vulnerabili della popolazione e della valorizzazione dei territori.  Sono diverse le iniziative organizzate da Nord a Sud nell’ambito di PIM dai Pregiudizi, concentrate nel weekend del 24-26 settembre, e inserite nel più ampio cartellone di appuntamenti di Puliamo il Mondo, l’edizione italiana della campagna di volontariato Clean Up The World promossa da Legambiente. Evento inaugurale, quello di stamattina al Parco Ravizza di Milano, dove i volontari di Legambiente si sono ritrovati per un’attività di pulizia insieme ad altre associazioni impegnate sui temi della solidarietà e della giustizia climatica. La mattinata è stata inoltre occasione per presentare i dati del dossier di Legambiente “I migranti ambientali. L’altra faccia della crisi climatica” e accendere così i riflettori sui “vulnerabili tra i vulnerabili” in uno scenario globale che vede l’acuirsi delle disuguaglianze. E sì, perché i cambiamenti climatici non sono e non saranno uguali per tutti, come emerge dal dossier di Legambiente. Variabili come la perdita e la dissoluzione dei servizi ecosistemici, l’impoverimento dei suoli, l’accaparramento delle risorse, i conflitti e le persecuzioni sociali, etniche e religiose s’intersecano con una costante: sono sempre i Paesi poveri e i più poveri nei Paesi ricchi a pagare il prezzo più alto e rischiare di più.

I numeri del dossier. Intanto, durante l’ultimo anno, è cresciuto esponenzialmente il numero di persone nel mondo costrette a lasciare la propria terra e, tra loro, dei cosiddetti “migranti ambientali”. Secondo il report Global Trends dell’UNHCR, nel 2020, 82,4 milioni di persone (il 42% delle quali minori) sono state costrette a migrare: un numero più che raddoppiato rispetto al 2010, quando se ne contavano 40 milioni, e aumentato del 16,4% rispetto ai 70,8 milioni del 2018. Guardando agli sfollati interni, invece, secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC) nel 2020 se ne sono registrati 40 milioni e mezzo di nuovi, di cui 30 milioni e 700 mila costretti a fuggirea causa di disastri ambientali. In questo quadro, la mappa delle criticità sociali e quella delle criticità ambientali finiscono per sovrapporsi, sottolinea Legambiente: sempre secondo dati IDMC, infatti, il 95% dei conflitti registrati nel 2020 è avvenuto in Paesi ad alta o altissima vulnerabilità ai cambiamenti climatici e degrado ambientale. Per di più, secondo l’UNHCR, l’86% degli sfollati migrati fuori dal proprio Paese è ospite di nazioni in via di sviluppo, anch’esse tra le più vulnerabili dal punto di vista climatico e ambientale: una miscela esplosiva, evidenzia ancora l’associazione ambientalista, di possibili ulteriori povertà, tensioni sociali, conflitti e nuove migrazioni.  Volgendo lo sguardo al futuro, gli scenari non appaiono certamente più rosei: se la popolazione mondiale dovesse rimanere ai livelli attuali, ad esempio, il rischio di spostamenti dovuti alle inondazioni aumenterebbe di oltre il 50% per ogni incremento di un grado centigrado delle temperature globali, secondo l’IDCM. Le stime globali, molto variabili, oscillano tra i 25 milioni e il miliardo di persone costrette a spostarsi per criticità ambientali indotte anche dai cambiamenti climatici entro il 2050.

Il dossier di Legambiente restituisce anche un quadro dei flussi migratori in Italia correlati direttamente o indirettamente alla crisi climatica: quasi il 38% delle nazionalità dichiarate dai migranti arrivati via mare nel nostro Paese negli ultimi quattro anni (elaborazioni di Legambiente su dati del Ministero dell’Interno) è riconducibile all’area del Sahel, attraversata da una tempesta ambientale e sociale, tra l’avanzare della desertificazione, l’accaparramento delle risorse e i conflitti anche di matrice terroristica. Se a queste persone si aggiungono i migranti arrivati da Paesi dove lo stress ambientale è causa o concausa della migrazione, come Costa d’Avorio, Guinea, Bangladesh e Pakistan, si arriva al 68%. Se confrontassimo le nazionalità dichiarate al momento dello sbarco in Italia tra il 2017 e il 2020 con la carta dell’IDMC che mostra i Paesi dove sono presenti sfollati interni a causa dei conflitti e quelli ad alta o altissima vulnerabilità ambientale, la nostra geografia quasi coinciderebbe. Eppure, rivelano gli ultimi dati Eurostat, sul fenomeno dei flussi migratori gli italiani hanno la percezione più distorta tra i Paesi dell’Unione europea. La strada per una società più accogliente e inclusiva, del resto, è ancora in salita tanto in Italia quanto in Europa, pur delineandosi come assolutamente necessaria.

“Le migrazioni sono una sfida globale che non può rimanere nel dibattito interno. A oggi, lo ricordiamo, la mancanza di un riconoscimento internazionale della figura dei ‘rifugiati ambientali’ è un vuoto normativo da colmare il prima possibile, sebbene anche a livello nazionale ed europeo sia possibile formalizzare nei loro confronti il riconoscimento del diritto d’asilo. Perciò, chiediamo al Governo e al Parlamento italiano di ampliare le forme di protezione nazionale per tutelare chi fugge dagli effetti della crisi climatica, e di farsi portavoce per rendere queste istanze attuabili oltre i confini degli Stati-nazioni, come in occasione delle imminenti Pre-Cop di Milano e Cop-26 di Glasgow – dichiara Vanessa Pallucchi, vicepresidente nazionale di Legambiente – I dati e le analisi nel dossier ci dicono che per affrontare i grandi cambiamenti bisogna tenere in vista il faro dei diritti umani e della giustizia ambientale e sociale in uno scenario che, complice la crisi pandemica, vede il moltiplicarsi delle disuguaglianze. Attraverso campagne come Puliamo il Mondo dai Pregiudizi, Legambiente s’impegna a costruire percorsi d’inclusione e solidarietà a partire dai territori, coinvolgendo realtà che come noi credono fortemente nel volontariato quale strumento per combattere insieme ogni forma di razzismo e violenza che, spesso alimentati da narrazioni false e tendenziose, hanno assunto proporzioni inquietanti anche nel nostro Paese”.

“La campagna Puliamo il Mondo intende essere non solo un momento di collaborazione finalizzata alla rimozione dei rifiuti abbandonati e alla diffusione di comportamenti rispettosi dell’ambiente, ma anche la promozione di una positiva convivenza tra le persone che abitano lo stesso territorio – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – La riappropriazione collettiva dei luoghi è la chiave per ricostruire le relazioni sociali, perché un mondo diverso è possibile solo se lo si costruisce senza muri di alcun tipo: sociali e culturali, etnici e religiosi, fisici e mentali. Per questo l’organizzazione di Puliamo il Mondo con il coinvolgimento di tante associazioni in uno dei luoghi simbolo di Milano per l’accoglienza delle persone in difficoltà è un’occasione per promuovere il dialogo e lo scambio interculturale e rilanciare il tema delle disuguaglianze generate dalla crisi climatica”.

 

 

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