L’Italia è il paese della sovrabbondanza. Per gestire i fondi del Recovery Fund si pensa a sei manager e 300 professionisti. Che bella cosa. Alla fine in questo casino globalizzato riusciremo a generare abbastanza confusione da procurarci:
1) abbastanza scandali per i prossimi due anni
2) abbastanza inchieste da ingolfare un po’ di più i tribunali
3) abbastanza sprechi da essere meno efficienti dello Zimbawe

Intanto, in Lombardia, continuano a proliferare le inchieste senza reato né indagati, e va bene così. In fondo, anche qui alle nostre latitudini, a generare gli errori – che ci sono stati – non è stata a mio modo di vedere la volontà di sbagliare, o la volontà di corrompere, o la volontà di fare magna magna. Questi discorsi lasciamoli a chi pensa che a Roswell ci sia stata una apparizione aliena (dunque, a Trump). Alle nostre latitudini gran parte dei problemi è dovuta alla confusione. Confusione perché invece di fare ognuno la propria parte si è fatto come i ragazzini all’oratorio: tutti a inseguire il pallone invece di tenere i ruoli. Vale per la politica, ma vale ancora di più per i dirigenti. Là proprio si è andati sotto, tra immobilismo per alcuni, iperattivismo per altri, paura delle inchieste per tutti. Ad esempio, sulla questione dei vaccini anti influenzali: si è detto che c’era bisogno di 2 milioni e 800mila dosi. Sono state comprate 2 milioni e 800mila dosi (sul come lasciamo stare)? La risposta pare essere sì. E allora perché adesso scopriamo che ne servivano 3 milioni e mezzo? Ora, escludendo che sia Fontana a doversi mettere con il pallottoliere a far di conto, come è possibile sbagliare di 700mila? C’è una ragione logica? Se sì, occorre spiegarla con chiarezza. Ecco, la logica. Alla fine il tema è sempre quello. L’Italia è la patria del calcio, e allora dovremmo applicare il calcio alla politica. Ognuno stia nel suo ruolo, e faccia quel che deve. Ad esempio, i professori stiano in reparto o in università o nel loro laboratorio. I dirigenti facciano quel che devono fare e i politici indirizzino, come stabilisce la Bassanini. Ne guadagneremmo tutti.

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Luca Levati
La prima volta della mia vita in cui “sono andato in onda” è stato il 7 luglio 1978…da allora in radio ho fatto veramente di tutto. Dai programmi di rock all’informazione, passando per regie e montaggi. Giornalista dal maggio 1986 sono arrivato a Radio Lombardia nel marzo del 1989 qualche giorno prima della nascita del primo mio figlio, insomma una botta di vita tutta in un colpo. Brianzolo di nascita e di fatto il maggior tempo della mia vita l’ho passato a Milano città in cui ho avuto la fortuna di sentire spirare il vento della cultura mitteleuropea. Adoro la carbonara, Finale Ligure e il Milan (l’ordine è rigorosamente alfabetico). I libri della vita sono stati e sono: “Avere o essere” di Fromm, “On the road” di Kerouac, “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, “Grammatica del vivere” di Cooper e l’opera omnia del collega e amico Piero Colaprico (vai Kola!). I film: “Blade Runner“, “Blues Brothers” e “Miracolo a Milano” quando buongiorno voleva dire veramente buongiorno. Ovviamente la musica è centrale nella mia formazione: Pink Floyd, Frank Zappa, Clash, Genesis e John Coltrane tra i miei preferiti. https://www.wikimilano.it/wiki/Luca_Levati