Caso camici, verso la rogatoria sui soldi in Svizzera di Fontana

Intanto è iniziato l’esame delle chat e delle mail nei cellulari della moglie di Fontana, degli assessori Caparini e Cattaneo e degli altri coinvolti, indagati e non, nella vicenda della fornitura di camici dalla ditta del cognato del presidente lombardo.

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Saranno con tutta probabilità restituiti oggi pomeriggio ai loro proprietari i telefoni consegnati ieri, su richiesta della Procura di Milano, da alcuni indagati e non del ‘caso camici’, tra cui la moglie del presidente lombardo Attilio Fontana, gli assessori Davide Caparini e Raffaele Cattaneo, il capo della segreteria della presidenza della Regione, Giulia Martinelli, e altri membri dello staff regionale. È stata infatti effettuata la “copia forense” dei contenuti dei telefoni per poi estrapolare chat, messaggi, e-mail, immagini. Una ricerca mirata e basata su più di 50 parole chiave, tra cui “camici, moglie, fratello, cognato, donazione, tessuti, certificazioni, Trivulzio, mascherine, restituzione, consegna, ordine, Aria, bonifico, Svizzera”. A proposito di Svizzera, gli inquirenti stanno facendo approfondimenti e valutando l’avvio di una rogatoria in Svizzera, dove Fontana detiene su un conto 5,3 milioni di euro, somma ‘scudata’ nel 2015 e proveniente da conti associati a due trust alle Bahamas creati dalla madre del governatore e, come ha spiegato il presidente lombardo, lasciati in eredità. Fontana, secondo le accuse, cercò di bonificare al cognato Andrea Dini, per risarcirlo della mancata fornitura, 250mila euro provenienti proprio da quel conto in Svizzera. Un’operazione finita nel mirino dell’antiriciclaggio della Banca d’Italia e poi segnalata alla Guardia di Finanza e alla Procura. Per queste verifiche gli investigatori della Gdf si sono presentati in due studi commercialisti (Frattini a Varese e Vallefuoco a Roma) con un ordine di esibizione per acquisire tutta la documentazione utile. Intanto emerge che la scelta di Attilio Fontana di tentare di fare un bonifico al cognato Andrea Dini “per evitare speculazioni politiche”, “non sembrò una buona idea” a Filippo Bongiovanni, l’ormai ex dg di Aria che il 16 aprile scorso aveva formalizzato l’ordine di fornitura per 513mila euro nei confronti di Dama, la società di Dini e della sorella, moglie del presidente della Regione, e che il 20 maggio era stato informato dallo stesso Dini della decisione di “trasformare il contratto di fornitura (…) in una donazione”. Lo ha detto lo stesso Bongiovanni ai pm.

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