Si è svolta questa mattina nella sede della Fondazione Ambrosianeum di
Milano la presentazione del Rapporto sulla Città – Milano 2020, dedicato a “LA SALUTE, IL PANE E LE ROSE”, realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo ed edito da Franco Angeli (in cartaceo e in open source).

Sono intervenuti:
Antonio CALABRÒ, Direttore Fondazione Pirelli, Vicepresidente Assolombarda
Elena CATTANEO, Senatrice a vita, Professore Ordinario di Farmacologia –
Dipartimento di Bioscienze – Università degli Studi di Milano, Istituto Nazionale
di Genetica Molecolare.

Hanno presentato:
Marco GARZONIO, Presidente di Ambrosianeum Fondazione Culturale
Rosangela LODIGIANI, Curatrice del Rapporto Ambrosianeum.

Ha portato il suo saluto:
S.E. Mons. Mario DELPINI, Arcivescovo di Milano

Le donne, Milano, il Covid-19: sono questi i temi del Rapporto sulla Città
Ambrosianeum 2020, che nonostante l’emergenza sanitaria è uscito
puntuale nella sua XXX edizione, con il contributo di Fondazione Cariplo ed
edito (anche in open source), da Franco Angeli, a fotografare – attraverso dati, storie, racconti di successi e di fragilità – la realtà delle donne milanesi e
lombarde.

Questi alcuni dei temi emersi:
Marco GARZONIO, richiamando la pandemia da Covid-19 ha sottolineato la
necessità di recuperare territorialità e centralità della salute sul fronte
sanitario, evocando la necessità di Milano “di essere trainante, di rivendicare la propria identità, di fare scelte coraggiose”. Ha poi insistito sul “timore che la
Cultura, già considerata una Cenerentola prima dell’emergenza sanitaria, dopo di essa sia ancora più emarginata e priva di orizzonti”. Il Presidente Ambrosianeum ha quindi insistito sul fatto che “l’investimento sulla cultura è la sola via che ci può garantire l’uscita dalla crisi”.

Elena Cattaneo, dichiarando il suo attaccamento a Milano come “punto di
arrivo e di ritorno” di studi e carriera, ha richiamato il suo lavoro di studio sulla Corea di Huntington, “una malattia genetica che colpisce il cervello creando gravissime disabilità e che ci dice tanto sulla condizione femminile: in
Colombia, ad esempio, se ad ammalarsi è una donna, l’uomo di casa
abbandona la famiglia; al contrario, se ad ammalarsi è l’uomo la donna
garantisce assistenza e cura”. Cattaneo promette che userà “il Rapporto in Senato per portare avanti le istanze sulla parità di genere”, quindi va oltre: se in alcune parti del mondo le donne sono ancora fortemente penalizzate, se Rita Levi Mointalcini dovette combattere per affermare la sua aspirazione alla conoscenza (lei che era destinata dal padre al consueto destino di moglie e madre), “quel che è cambiato nella parte fortunata del mondo è la volontà di denuncia delle diseguaglianze, il parlarne, il tentativo di rimediare” ha sottolineato Cattaneo, aggiungendo che “la cosa meno positiva sta nel fatto che queste cose restano una rincorsa rispetto all’equità di genere, che la zavorra dei pregiudizi è ancora pesante”. La scienziata ha poi sottolineato come “la legge sulle quote rosa negli organi di amministrazione vada considerata un punto di partenza e non di arrivo”, richiamando “i grandi sacrifici connessi, per le donne, al mantenere in equilibrio nell’arco delle 24 ore la vita personale e professionale”. ”Io stessa – ha concluso la senatrice – nella mia vita ho avuto due carte vincenti: un marito complice, e l’aiuto costante di mia suocera con i figli, oltre all’appoggio della mia famiglia d’origine. Vedo troppe giovani donne capaci che non hanno aiuti e
per cui la scelta tra famiglia e lavoro diventa purtroppo una necessità”.

Antonio Calabrò ha aperto il suo intervento con una frase eloquente di
Jacques Lacan: “Ci sono uomini che non sono da meno delle donne. Succede”.
Ha poi sottolineato come la pandemia possa costituire un monito, perché “il
capitalismo può crescere e legittimarsi solo se ingloba il senso del limite e della responsabilità”.
In questo senso “la presenza femminile suggerisce uno sguardo di cui tener
conto, non solo per un’esigenza di giustizia, ma per valorizzare le diversità”.
Da siciliano vissuto 35 anni a Palermo (“dove il dialetto non possiede una voce
verbale al futuro”) e 35 anni a Milano (“una città dall’identità complessa che
valorizza le diversità, e ha un pensiero costante sulla storia e sul futuro”),
Calabrò ha sottolineato come “i tanti che sono arrivati qui negli anni non hanno mai dovuto rinnegare le loro origini, e questo vale anche sul fronte dell’identità di genere e dell’identità sessuale”.
“Milano è donna, non ha spigoli, ha aperto le sue porte trasformandole in
caselli daziari votati allo scambio – ha proseguito il vicepresidente
Assolombarda – E un altro elemento forte da sottolineare in questo Rapporto
è che Milano è città di cultura. Non si può fare impresa senza fare cultura.
Anzi, di più: l’impresa è cultura. Se guardiamo il dato della scarsa presenza di
ragazze nelle lauree STEM, possiamo ovviare al problema trasformando l’acronimo STEM in STEAM: oltre a Science, Technology, Engineeering e Maths,aggiungiamo la A di Arts: Milano è città politecnica, l’hanno sottolineato
Cattaneo e Vittorini. Non dimentichiamo che dentro la capacità femminile di
fare impresa c’è di più: l’intelligenza del cuore, la capacità analitica e di
accoglienza: Milano è madre”.

Rosangela LODIGIANI, sottolineando che “nonostante Milano sia una città
per molti versi women-friendly, la questione femminile resta centrale”, ha
ricordato come “l’emergenza sanitaria ha fatto irruzione nel Rapporto nella fase più delicata di elaborazione”, e la decisione conseguente sia stata quella di mettere in dialogo l’indagine in corso con la realtà: “Abbiamo approfondito
alcuni aspetti delle condizioni di vita e di lavoro delle donne a Milano, i
miglioramenti registrati negli ultimi anni e le diseguaglianze ancora presenti, le forme di fragilità e i protagonismi”.
Il contributo delle donne allo sviluppo della città è indiscutibile: “La capacità di
inclusione delle donne nel mondo del lavoro a Milano è notevole, siamo a oltre
il 70% e aumentano anche le posizioni dirigenziali femminili – ha proseguito
Lodigiani – Persistono però le diseguaglianze retributive, c’è un gap su cui
intervenire”. La pandemia, afferma la curatrice del Rapporto Ambrosianeum,
da un lato ha permesso di conservare occupazione femminile “nei settori
rimasti attivi durante l’emergenza sanitaria”, dall’altro “lo smartworking, pur costituendo un’opportunità, ha creato disagi sul fronte della conciliazione vita-
lavoro, mentre la chiusura delle scuole ha costituito un grave danno e una grande sfida per le famiglie”.
Da qui ad un appello all’ ”alleanza, a politiche mirate, ai servizi altrettanto
mirati”, il passo è stato breve. “La pandemia ha reso più forte la convinzione
che la questione femminile sia centrale. Milano è più amichevole con le donne
rispetto ad altre città, ma ha la responsabilità di non arretrare. E se per le
donne è legittimo aspirare a tutto, come sottolinea il titolo scelto per il
Rapporto 2020, questo è il momento per mettere alla prova le caratteristiche – spesso ritenute femminili – della sollecitudine della cura, dell’accoglienza e
della creatività, perché siano messe al servizio di una società inclusiva, coesa e solidale”.

Monsignor Mario DELPINI ha infine manifestato “apprezzamento e
gratitudine per chi ha portato a buon fine un progetto nato prima della
pandemia”.
“Sento il bisogno di essere aiutato a contrastare la tendenza per cui la
pandemia è un mostro onnivoro che ingloba tutto – ha sottolineato
l’Arcivescovo – Il tema delle donne, della diseguaglianza, della povertà, della
guerra, sono scomparsi per mesi dall’attenzione degli italiani. Il virus rischia di
far male, oltre che alla salute, alla nostra visione del mondo”.
Infine Monsignor Delpini ha concluso sottolineando “la parzialità dello slogan
‘La persona al centro’: è uno slogan che evoca solitudini, mentre la persona è
frutto di un contesto, non dev’ essere mai intesa come persona sola, bensì
come espressione del nostro vivere insieme”.

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