Allora, le carte dell’inchiesta Atm sono francamente imbarazzanti. La sintesi è un po’ questa: c’è un funzionario, un pesce abbastanza piccolo, che pilota gli appalti e che si fa dare “stipendi aggiuntivi” da quelli che vincono le gare. Nessuno si accorge mai di niente finchè non arriva la procura, che in effetti sta indagando su altro, ovvero sugli stop improvvisi in metropolitana, e lo mette al gabbio. Ok, fin qui nulla di strano, salvo che non c’è un solo punto nel quale venga citato un assessore, il sindaco, un dirigente apicale. Insomma, questo tizio pare essere un malandrino, ma almeno non millanta. Un paio di considerazioni aggiuntive. La prima riguarda il garantismo. Vale per i politici, ma anche per i poveri cristi. Le intercettazioni sembrano lampanti, questo è certo. Ora, io capisco che Beppe Sala sia arrabbiato e che voglia lanciare un messaggio. Capisco anche che ci mancava solo questa all’immagine di Milano. Perché quello che spesso gli addetti ai lavori non capiscono è che l’immagine di Milano nel mondo è fusa, è tutt’uno con quella della Regione. Mica la gente sa i confini degli enti. Quella è roba da esperti. Capisco che il funzionario, insomma, risulta un po’ poco difendibile. Ma aspettiamo anche per lui la sentenza, ok? Aspettiamola anche per lui. In politica e sui giornali dovrebbe tornare la sana vecchia prudenza. Quella che mette in campo tutte le misure per prevenire ma anche quella che aspetta i giudici. Altrimenti hanno ragione quelli che dicono che il garantismo vale solo per i colletti bianchi. Quelli che nello stesso tempo difendono Emilio Fede e condannano l’anonimo funzionario. Non va bene. La seconda considerazione riguarda invece il controllo della politica. Per troppo tempo abbiamo urlato: fuori la politica dalle aziende pubbliche. Fuori la politica dalla sanità. Fuori la politica dalle partecipate. Però poi alla fine quando c’è un problema nelle partecipate, è colpa della politica. Allora io dico: dentro la politica nelle partecipate, dentro nelle nomine, dentro nelle decisioni. La politica si deve prendere le responsabilità. Il sistema, che sotto Formigoni aveva raggiunto il suo apogeo con lo schema società sotto Regione (in varie misure e varie forme) che controlla la società di gestione, tipo Trenord, tipo Fiera, e altre, è un espediente che è nato per adattarsi al sistema ipocrita e giustizia dell’Italia. Io invece vorrei tornare alla chiarezza. Vorrei sapere che il manager ics e ipsilon lavora in quella partecipata perché ha il gradimento del governatore, o del sindaco. Non perché ha fatto inutili e spesso solo costose ricerche da cacciatori di teste che finiscono per selezionare quelli che erano già stati scelti. E quando quel manager combina un disastro, se ne deve accollare la responsabilità anche l’ente politico che lo sovrintende. Non può scaricare. Questo per me è la politica. Qualcosa di molto concreto, che mette a terra le idee, che sceglie di usare le mani per costruire qualcosa, non che se le tiene in tasca per paura che ai polsi possano scattare le manette.

 

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