Coronavirus, sindacati sotto la Regione contro la gestione nelle Rsa

Oltre 6000 morti nelle case di riposo. Regione Lombardia, affermano sindacati e familiari delle vittime, ha preteso che gli ospiti sintomatici sopra i 75 anni fossero curati nelle stesse Rsa, deliberando anche di trasferirvi i pazienti ospedalieri positivi al Covid-19.

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Prima iniziativa sotto la sede di palazzo Lombardia, stamani, da parte di Cgil, Cisl e Uil, nell’ambito della mobilitazione lanciata nei giorni scorsi per “un nuovo patto della salute”. Per i sindacati, “l’emergenza sanitaria di questi ultimi mesi ha messo in luce tutte le carenze della sanità lombarda e l’esigenza di più sanità pubblica, di più medicina del territorio e di maggiore tutela per i lavoratori del sistema sanitario e sociosanitario. La gestione istituzionale è stata per molti aspetti cruciali manchevole, sbagliata e tardiva. Se il sistema ha retto lo si deve solo all’impegno e alla dedizione di tutti i lavoratori del settore”. La protesta di oggi (altre sono in programma il 19 e 23 giugno), ha avuto per oggetto, in particolare, la gestione delle rsa, con le testimonianze dei familiari delle vittime del covid nelle strutture per anziani. “C’è una responsabilità nella gestione di Regione Lombardia”, ha denunciato Monica Vangi, segretaria Cgil Lombardia, rilanciando le richieste di maggiori investimenti nel campo della sanità e il riconoscimento di tutti gli operatori del settore. Al presidio di Cgil, Cisl e Uil Lombardia, con le Federazioni che rappresentano i pensionati e tutti i lavoratori che a diverso titolo operano nel sistema sanitario e sociosanitario, i sindacati hanno sottolineato come “sarebbe stato necessario che Regione Lombardia si occupasse dei circa 60.000 anziani ospiti nelle Rsa lombarde, le persone più fragili e a rischio, così come di tutti gli operatori del comparto socio sanitario, per tenere l’epidemia fuori dalle strutture o per individuare i casi di infezione e limitare il contagio. Non è stato così”. Alle Rsa, ricordano i sindacati, “sono stati dati protocolli di sicurezza inapplicabili e inapplicati: per tardive e scarse forniture sia di dispositivi di protezione, sia di test per il personale e gli ospiti; per difficoltà di attuare soluzioni organizzative anti-contagio, con procedure di sicurezza e di isolamento dei sintomatici; per insufficienti dotazioni organiche che si sono ulteriormente ridotte durante l’emergenza a causa della diffusione del contagio tra il personale delle Rsa. Regione Lombardia – proseguono i sindacati – ha preteso che gli ospiti sintomatici sopra i 75 anni fossero curati nelle stesse Rsa, deliberando anche di trasferirvi i pazienti ospedalieri positivi al Covid-19. Per gli anziani a casa propria, con o senza sintomi da Covid-19, oppure con scompensi per altre patologie che avrebbero richiesto cure in ospedale, le cose non sono andate meglio, perché nemmeno si è realizzato un adeguato potenziamento nel territorio dell’assistenza domiciliare e della continuità assistenziale, peraltro insufficiente anche prima dell’emergenza epidemica”. “Ci sono state responsabilità rispetto all’esercizio delle funzioni di indirizzo, controllo e gestione delle Rsa che vanno considerate e sarà compito dell’Autorità Giudiziaria accertare e della politica rimediare – sottolineano Cgil, Cisl e Uil Lombardia -. Ma, prima di tutto, non si devono ripetere gli stessi errori, non vogliamo Rsa trasformate in hospice o “lazzaretti” per anziani e nemmeno in reparti ospedalieri. L’anziano che si ammala di Covid-19 deve essere curato in ospedale. Con l’ultima delibera Regione Lombardia si è dovuta correggere”.
Le proposte portate oggi in piazza sono: maggiori investimenti per innovazione e riorganizzazione dell’offerta sociosanitaria; la revisione del sistema degli accreditamenti delle strutture sociosanitarie, in particolare per quanto attiene i modelli organizzativi e di servizio per una maggiore appropriatezza e qualità dell’assistenza, rafforzando gli interventi di prossimità e domiciliarità (residenzialità “aperta” e “leggera”) e l’adeguamento dei minutaggi di assistenza alla reale complessità assistenziale degli ospiti; la ridefinizione delle tariffe riconosciute dal fondo sanitario, che dovrebbero coprire il 50% del costo in Rsa mentre Regione Lombardia resta al di sotto della quota prevista dalla legge a garanzia dei livelli essenziali di assistenza, scaricando l’onere maggiore sulla retta pagata dagli ospiti o dalle loro famiglie; la riduzione della compartecipazione alla spesa a carico delle famiglie (la retta) che andrebbe regolata secondo criteri di sostenibilità e sopportabilità garantendo uno standard adeguato di servizi; La tutela dei posti di lavoro, il potenziamento degli organici e la formazione degli operatori. (MiaNews)

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