Ci siamo rotti. Non c’è altro modo di dirlo. E allora si va in piazza. Sarà la lunga quarantena e il fatto che dobbiamo lavorare per recuperare il tempo perduto, ma sta crescendo l’intolleranza. Il 6 maggio un gruppo di ristoratori che protestava, tutti distanziati e seduti su sedie ben lontane le une dalle altre, è stato multato con sanzioni da 400 euro l’uno per aver violato il divieto di assembramento. Il sindaco Sala ha chiamato il prefetto e il questore per capire come fare ad ascoltare i ristoratori (e levare le multe). Passano tre settimane e si consente a della gente vestita di arancione (guardate la foto qui sopra, pubblicata ovunque su Facebook) di assembrarsi senza mascherine né dispositivi di protezione. Multe? Zero. Ma attenzione. Poco prima di quelli in arancione sono stati gli artisti, ben distanziati, a scendere in piazza. Settimana scorsa ci sono state manifestazioni contro la Regione in piazza Città di Lombardia e a Bergamo, davanti al Tribunale che ha visto deporre Attilio Fontana e la pm dichiarare alle telecamere che no, la zona rossa non doveva farla la Regione ma il Governo. In piazza ci sono andati anche i tassisti, i baristi, e nei prossimi mesi saranno tantissimi quelli che affolleranno piazza del Duomo. Per non parlare dei CARC, ovvero i Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo, ovvero quelli che hanno scritto “Fontana Assassino” per il qual motivo (tra gli altri) Fontana ha la scorta, che hanno manifestato sotto la Regione. Intanto è un casino di nord contro sud, Beppe Sala che litiga con la Sardegna che litiga con Milano che però chiede scusa. Travaglio che dice che la Lombardia è una palla al piede. La verità è che la società ribolle: sud contro nord, autonomi contro il governo, genitori contro insegnanti, centrosinistra (che è Pd+M5S ormai) contro centrodestra. Domani è il 2 giugno, ma mai come oggi l’unità della Repubblica è una cosa talmente lontana da sembrare utopica.

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