Già nelle prime settimane del lockdown attuato per contenere la diffusione del virus,  la CGIL di Bergamo aveva registrato una vera e propria “valanga di richieste” di ricorso agli ammortizzatori sociali. Ora, con il permanere del blocco della produzione – che pure non è totale  viste le oltre 2.700 aziende che hanno chiesto alla Prefettura di proseguire le loro attività in deroga al codice Ateco di appartenenza (1.700 quelle validate)– crescono le realtà che scelgono di fare ricorso a Cassa integrazione, Fondo o Trattamento d’Integrazione Salariale (FIS oppure TIS) o Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato (FSBA). Nella prima rilevazione della CGIL, quella dello scorso 3 aprile, erano 9.500 le aziende ad aver presentato richiesta con 165.000 lavoratori coinvolti nella provincia di Bergamo.
Secondo i dati aggiornati a oggi, le richieste ricevute dalla CGIL territoriale per ricorso ad ammortizzatori sociali da singole aziende, imprese, realtà di lavoro, sono complessivamente 11.365 per un totale di circa 215.600 lavoratori (sui 313.000 addetti dipendenti del settore privato della provincia, dato INPS, al novembre 2019).

“Numeri così alti e in continua progressione, mai visti in precedenza, confermano la grave difficoltà del nostro sistema produttivo, dall’industria al terziario in questa difficilissima fase” ha commentato poco fa Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo.  “È pur vero che il ricorso alla Cassa potrebbe essere inferiore a quanto richiesto (fanno testo le rendicontazioni e non le richieste) ma è evidente che ci sia grande preoccupazione. Infatti in alcuni casi, in passato, la Cassa è stata l’anticamera di procedure fallimentari, perciò temiamo che abbia qualche fondamento l’allarme lanciato da Confindustria di Bergamo nelle scorse settimane e da Confcommercio nelle ultime ore: è forte il rischio di perdere per strada molte imprese. Naturalmente speriamo di sbagliarci così come confidiamo in un confronto serrato e costruttivo con le aziende per mantenere e non perdere posti di lavoro. Siamo preoccupati, soprattutto, per il settore turistico alberghiero e di alcuni servizi, che potrebbero vedere il lockdown ulteriormente prorogato, con tutte le conseguenze economiche ed occupazionali del caso”.

Da una ricognizione svolta nelle ultime ore emerge che sono circa 1.700 le richieste avanzate per l’industria metalmeccanica, da aziende che – spiega la FIOM-CGIL – contano da poche unità di lavoratori fino ai casi di alcune migliaia di dipendenti, come per Brembo e Tenaris. Ecco perché è complicato calcolare il numero di persone coinvolte: la stima (quella più incerta di tutte, come già abbiamo detto nella stima d’inizio aprile) è di poco più di 70.000 persone per cui sono stati chiesti ammortizzatori (solo più in là sapremo se saranno utilizzati davvero per tutti). Per i settori del commercio, degli appalti, del terziario, del turismo e degli studi professionali sono circa 2.000 le richieste di ammortizzazione sociale per altrettante aziende, negozi, catene, imprese. La stima dei dipendenti coinvolti si aggira, anche in questa categoria, attorno ai 70.000.I settori dell’edilizia e delle costruzioni, insieme all’industria del legno e agli impianti fissi, hanno inviato alla FILLEA-CGIL fino ad ora circa 1.800 comunicazioni di procedure, per la gran parte relative a imprese edili. Il numero dei lavoratori coinvolti potrebbe aggirarsi sui 15.000.Per l’industria chimica, tessile, gomma plastica, energia, alla FILCTEM-CGIL sono state inoltrate 442 richieste di Cassa ordinaria che coinvolgono circa 18.770 lavoratori.Nel settore dei trasporti e delle cooperative di facchinaggio, alla FILT-CGIL sono giunte ad oggi richieste di ricorrere agli ammortizzatori sociali da circa 250 aziende per un totale di oltre 7.000  persone circa. Nello scalo di Orio, hanno richiesto l’ammortizzatore SACBO, AGS Handling e BGY I.S. Molte poi le agenzia di autonoleggio coinvolte. Nel comparto degli autoferrotranvieri (pur funzionante anche se a regime ridotto), chiedono l’ammortizzazione tra gli altri, ATB, SAB, SAI, TEB e Autoservizi Locatelli. Moltissime poi le realtà della logistica e del facchinaggio.Sono, invece, 3.690 le domande per il sostegno del Fondo Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato presentate da imprese artigiane (appartenenti a diversi comparti). Il totale dei lavoratori coinvolti è di  16.600. Da NIDIL-CGIL arriva il dato delle richieste di Trattamento di Integrazione Salariale (TIS) per i lavoratori somministrati, inviate al sindacato dalle agenzie per il lavoro: sono oltre 800. Anche per questa categoria è difficile fare una stima del numero complessivo degli addetti coinvolti: si va da realtà con 1 solo addetto ad aziende in cui i lavoratori somministrati sospesi sono 115-245. Una stima verosimile, tuttavia, parla di 4.000 lavoratori coinvolti.

Per il settore socioassistenziale ed educativo, più la sanità privata e l’igiene ambientale, alla FP-CGIL sono giunte fino ad ora circa 185 richieste di ammortizzazione: sono circa 5.730 i lavoratori interessati. Nell’ambito del mondo dell’istruzione privata, alla FLC-CGIL di Bergamo sono giunte 277 domande di ammortizzazione da scuole paritarie riconosciute e scuole private (ad esempio scuole di lingua o di preparazione a diplomi, …) per un totale di 4.382 lavoratori coinvolti. Per grafici, cartai, cartotecnici alla SLC-CGIL provinciale sono giunte 140 richieste tra cassa ordinaria, in deroga e FIS, per un totale di oltre 2.600 lavoratori. Per il comparto agricolo e agroalimentare le aziende che hanno chiesto il ricorso all’ammortizzazione sociale sono fino a questo momento 81, con un totale di 1.600 lavoratori.

“In questa situazione così prolungata di fermo del lavoro che compromette inevitabilmente il reddito dei lavoratori, in larghe fasce di essi si sta creando una crisi di liquidità familiare” commenta Angelo Chiari della segreteria provinciale CGIL. “Va ricordato quindi che tutti i lavoratori le cui aziende hanno fatto ricorso alla Cassa ordinaria, in deroga, al Fis e ai Fondi di settore chiedendo il pagamento diretto all’INPS, posso richiedere un anticipo alla propria banca per un importo massimo forfettario di 1.400 euro. L’importo intero vale per le nove settimane previste dalla norma per Covid19 e se posti in cassa a zero ore. Altrimenti l’importo verrà riproporzionato direttamente dalla banca. La richiesta di anticipo può essere effettuata anche per via telematica e i documenti necessari sono reperibili direttamente in banca. Chiediamo quindi alle filiali bancarie sul territorio di agevolare il più possibile l’acceso a questo anticipo ai lavoratori che ne fanno richiesta così come da intesa sottoscritta dal sistema bancario con le organizzazioni sindacali, per dare una risposta veloce ai lavoratori che non dovranno così  aspettare i tempi lunghi dell’INPS”.

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