Pensavo ci avrebbero messo di più. A marzo dicevo che sarebbero arrivate le inchieste giudiziarie una volta finito il virus. Invece no, mi sbagliavo. Sono arrivate ben prima. Ce ne sono almeno tre, già attive. E chissà quante altre ne arriveranno. Tra poco inizieranno a uscire i brogliacci sui giornali, e ricomincerà il cinema. Saranno coinvolti tutti, perché quando si tratta di indagare i pm non guardano in faccia a nessuno. E chi pensa di salvarsi da questo tsunami fa male i conti. Intanto che i magistrati indagano, vorrei però parlare delle ferie. Perché è chiaro che in tantissimi non andranno in vacanza. Chi perché ha paura. Chi perché non se lo può più permettere. Chi perché magari deve recuperare il tempo perduto. Ecco, nel marasma più completo qualcuno dovrebbe occuparsi della pubblica amministrazione. Intendiamoci, i dipendenti pubblici sono di mille tipi. Ci sono i medici e gli infermieri, che abbisogneranno di riposo, e cure, e coccole (economiche). Ma ci sono anche quelli che hanno interpretato il coronavirus come un vacanzavirus. Ci sono scuole con la didattica da remoto avanzata. E ci sono scuole che si sono limitate a spedire i compiti via mail per correggerli una volta alla settimana. Così non va bene. C’è un principio molto semplice: chi ha lavorato ha diritto al riposo. Ma chi ha riposato, ha il dovere di tornare al lavoro. E se per un anno le scuole dovessero magari finire a metà luglio, e riprendere al primo settembre, non sarebbe la fine del mondo. E se in questi lunghi giorni di quarantena finalmente si scrivessero tutte le motivazioni di tutte le sentenze, azzerando l’arretrato, non sarebbe male. Se si celebrassero tutti i processi semplici, quelli che affollano il sistema giudiziario e che spesso richiedono una sola udienza, non sarebbe male. Se si smaltissero le pratiche che non richiedono particolare attenzione, o cura, nei comuni e nelle regioni, non sarebbe male. Ho chiamato il mio meccanico, l’altro giorno. Perché ho bisogno di mettere a posto la forcella della moto che uso per andare a lavorare, giacché i giornalisti non si sono fermati. Mi ha detto che, visto che non ci sono ricambi e non ci sono clienti, ha pulito da cima a fondo tutta l’officina. “E’ un lavoro che dovevo fare da anni, e che non ho mai fatto. Adesso sono pronto a ripartire”, mi ha spiegato. Ecco, se la pubblica amministrazione interpretasse così questo periodo di quarantena, alla fine ne avremmo tutti molto da guadagnare.

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Luca Levati
La prima volta della mia vita in cui “sono andato in onda” è stato il 7 luglio 1978…da allora in radio ho fatto veramente di tutto. Dai programmi di rock all’informazione, passando per regie e montaggi. Giornalista dal maggio 1986 sono arrivato a Radio Lombardia nel marzo del 1989 qualche giorno prima della nascita del primo mio figlio, insomma una botta di vita tutta in un colpo. Brianzolo di nascita e di fatto il maggior tempo della mia vita l’ho passato a Milano città in cui ho avuto la fortuna di sentire spirare il vento della cultura mitteleuropea. Adoro la carbonara, Finale Ligure e il Milan (l’ordine è rigorosamente alfabetico). I libri della vita sono stati e sono: “Avere o essere” di Fromm, “On the road” di Kerouac, “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, “Grammatica del vivere” di Cooper e l’opera omnia del collega e amico Piero Colaprico (vai Kola!). I film: “Blade Runner“, “Blues Brothers” e “Miracolo a Milano” quando buongiorno voleva dire veramente buongiorno. Ovviamente la musica è centrale nella mia formazione: Pink Floyd, Frank Zappa, Clash, Genesis e John Coltrane tra i miei preferiti. https://www.wikimilano.it/wiki/Luca_Levati