E’ chiaro che l’emergenza non è più solo sanitaria. Abbiamo capito che di CoronaVirus si muore, ma non più che per l’influenza. Il problema è che se non si contiene il contagio, se non lo si rallenta, non ci sarebbero abbastanza posti negli ospedali per curare i malati, e il tasso di mortalità salirebbe. Sono in gioco vite umane, e dunque tutto il resto passa in secondo piano. Tuttavia l’emergenza si fa ogni giorno di più economica, perché le imprese soprattutto del settore dello spettacolo, degli eventi, del turismo, insomma di tutto quello che fa grande Milano, sono in ginocchio. Ogni giorno il danno ammonta a centinaia di milioni di euro. Vale per tutti: da quello che ha il piccolo locale alla grande catena di alberghi. Sono vittime anche loro del CoronaVirus, anche se non tossiscono e non hanno la febbre. Sono vittime incolpevoli che – in un momento nel quale c’è bisogno di unità – vanno coinvolte nel processo decisionale. Va spiegato loro quel che va fatto e ascoltato il loro punto di vista. Le associazioni confindustriali servono a questo. A parlare con le autorità, che sono il sindaco e il governatore, il governo, il Comune e la Regione. Da più parti si invoca l’unità davanti all’emergenza. Ecco, l’unità la si persegue parlando, ascoltando, agendo insieme. Altrimenti la prossima emergenza, che sarà economica, non la si risolverà con un vaccino. Ma con i licenziamenti.

Print Friendly, PDF & Email