Leggo oggi su Repubblica un titolo che mi fa rabbrividire. Caianiello e compagnia tornano liberi. E sotto: “Hanno capito”. Dove l’hanno capito lo dice il giudice per le indagini preliminari che di fatto li fa uscire dal regime o di detenzione o di domiciliari. Caianiello è uno dei ras di Forza Italia a Varese. Nella foto a corredo del pezzo c’è però Pietro Tatarella, ex consigliere comunale di Milano, che si è fatto lunghi mesi di carcere e poi di domiciliari. Al di là delle vicende personali, che chiariranno in tribunale, il punto è quella frase, che nel pezzo viene spiegata meglio. Per il gip “il tempo trascorso rispetto al momento degli arresti e la puntuale osservanza degli obblighi consente di ritenere che gli indagati abbiano tratto dall’esperienza giudiziale un sufficiente monito per astenersi, nel futuro, dal commettere altri reati della stessa specie”. A chi leggesse risulta chiaro che Caianiello e che Tatarella e che gli altri sono stati condannati. E che il tempo trascorso in carcere o ai domiciliari, è l’inizio della pena. Ma non è così. E non è che mi scandalizzo perché questi sono politici, e degli altri chissenefotte. Ci sono decine di migliaia di persone nella stessa situazione. Non è così perché Tatarella e Caianiello, e le altre migliaia, non sono ancora colpevoli. Non c’è ancora stato un processo. Magari lo saranno, e allora se ne vanno in carcere. Ma magari no: e allora perché si scrive che le misure cautelari li hanno, di fatto, educati. Perché dovrebbero aver capito? La giustizia è un tasto su cui batto spesso, e sapete perché? Non perché mi importi più delle tasse, o più dell’ambiente. Ma perché è un tema tabù. Un po’ come un lutto in famiglia, un tumore. A chi tocca, si rifugia nel proprio dolore dal biasimo collettivo. Oggi tocca a lui, politico di merda, domani tocca a mio cugino che era un così bravo ragazzo. Ma non conta questo. Conta il metodo: il carcere preventivo non rieduca. E non serve per rieducare, poiché il reato non è stato accertato da un giudice. Rassegnamoci a questo e allora saremo a un passo dall’abolizione del concetto di giustizia.

Print Friendly, PDF & Email