Gli stranieri residenti in Lombardia sono impiegati in settori a bassa valenza professionale, con salari spesso insufficienti al mantenimento della famiglia, e faticano ad accedere ai servizi di welfare. Il 73,5% della popolazione immigrata ha un’età compresa tra i 18 e i 64 anni e, stanti le attuali dinamiche demografiche, la sua presenza sarà di fatto cruciale per la stabilità del sistema previdenziale non solo lombardo ma anche italiano. Il contributo degli immigrati al Pil lombardo, sia in termini di produzione che di consumi, e alle entrate erariali è già oggi rilevante. Gli immigrati rappresentano l’11,2% dei contribuenti lombardi e il loro apporto è decisivo per la stessa sostenibilità economica dei servizi regionali e comunali. Ma, allo stesso tempo, sono discriminati nell’accesso ai servizi e nel mercato del lavoro. Un esempio? Gli stipendi medi dei lavoratori stranieri sono pari a  1.158 euro, rispetto ai 1.483 euro degli italiani: il 21,9% in meno.

Tutti i dati regionali e nazionali, raccolti nel Dossier Statistico Immigrazione 2019, sono stati presentati oggi a Milano – e in contemporanea a Roma per il livello nazionale – dal centro ricerche Idos, in collaborazione con Cgil Cisl Uil della Lombardia.

“Il nostro mercato del lavoro oggi è segmentato e diseguale – commenta Valentina Cappelletti, segretaria Cgil Lombardia -. Il sistema di welfare è impoverito ed esposto. La protezione sociale è centrata su un modello familistico insostenibile. La collocazione dei cittadini stranieri nella nostra società dipende da questi fattori. Per questo contrastiamo tutte le norme che discriminano fra residenti e non: perché allargano le fratture sociali anziché curarle, come dovrebbe essere compito della politica e delle istituzioni fare.  Basterebbe partire da un assunto semplice: i fenomeni migratori sono strutturali, appartengono alla normalità delle dinamiche sociali e prima ancora di quelle evolutive”.

“E’ nostra convinzione – commenta Pierluigi Rancati, segretario Cisl Lombardia – che sia necessario non solo superare i decreti Salvini abolendoli, ma riformulare integralmente la legislazione italiana in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza perché quella vigente, anziché promuovere integrazione ed inclusione sociale come principali elementi per la sicurezza e la coesione, ha prodotto un sistema inefficace e discriminatorio, sgovernando il sistema nel suo complesso: le regole, la rete pubblica dell’accoglienza e delle tutele nel territorio, con gravi  limitazioni dei diritti delle persone, la loro sicurezza, dignità e garanzia di accesso a servizi di base”.

“Dopo l’accoglienza dobbiamo darci come priorità l’integrazione – sottolinea Clara Lazzarini, segretaria UIL Milano Lombardia, responsabile Politiche dei Generi e Pari Opportunità -, fatta dal consapevole esercizio dei propri diritti e contestuale all’obbligo di rispettare i doveri. L’integrazione ci impone la sfida di sapere gestire le diversità nei luoghi di lavoro con la contrattazione di primo e secondo livello. E saper gestire le diversità nella organizzazione della città evitando il pericolo della formazione di ghetti e di nuove ingestibili periferie”.

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