C’era una volta il Pd. E’ il proprio caso di dirlo. C’era. C’era la vocazione di un partito maggioritario, ovvero che decidesse le sorti del Paese senza stare a trattare tra partiti e partitini della sinistra da sempre litigiosa. C’era, quel Pd, e non c’è più.

Perché adesso la trattativa non è più con altri partitini, che quantomeno avevano un segretario e leader riconoscibili, ma solo tra le correnti interne. Dove non si capisce chi è leader e chi è gregario. Guardiamo alla tragica situazione di Milano: il Pd ha la classe dirigente ormai ex renziana, ma con innesti di renziani ortodossi. Martina a Milano aveva un seguito e ha ancora qualcuno. Zingaretti ha Majorino e la sua corrente. Una unità non è neppure lontanamente alle viste. Ora, uno potrebbe dire: chi se ne frega del Pd? A me, personalmente, poco. Il problema è che in un Paese la qualità della democrazia sta nel fatto che non è che c’è uno che governa e tutti gli altri stanno zitti e buoni aspettando che finisca. In un Paese civile uno governa e gli altri si oppongono, mettono di mezzo proposte nuove, proposte alternative. Ecco, appunto, proposte alternative. Roba che dalle parti del Pd sembra fantascienza, oggi.

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