Dalle malghe il rilancio della montagna

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Foto Radio Lombardia

La tutela degli ambienti montani e la valorizzazione delle attività agricole ad alta quota non possono prescindere da una corretta gestione delle malghe, che punti alla tutela e allo sviluppo delle peculiarità territoriali, della biodiversità e dei prodotti tipici. E’ quanto afferma la Coldiretti Lombardia commentando positivamente le nuove linee guida regionali per la gestione delle alpi e per l’esercizio dell’attività d’alpeggio annunciate dall’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi Fabio Rolfi, che vogliono dare priorità alla gente di montagna come antidoto alle speculazioni economiche. In Lombardia – precisa la Coldiretti su dati regionali – sono 870 le malghe, distribuite in particolare fra Sondrio (35%), Brescia (27%) e Bergamo (22%), ma sono presenti anche a Varese, Como e Lecco, in posti che vanno dai 966 metri della zona del Lario Intelvese ai 2.463 metri dell’alta Valtellina. La salita in alpeggio di solito inizia i primi di giugno per il rientro intorno alla metà di ottobre.  In attuazione delle nuove linee guida, ora al vaglio della Commissione Agricoltura per il parere di competenza – spiega la Coldiretti in base alle disposizioni regionali – i proprietari pubblici delle malghe, riconoscendone la valenza sociale e ambientale, provvederanno alla loro concessione e affitto dando maggiore importanza al progetto qualitativo, che peserà fino all’80 per cento dei punteggi nei bandi, a chi vive in montagna e a chi produce prodotti lattiero-caseari tipici. Avrà meno peso l’offerta economica al massimo ribasso per aiutare i comuni a compiere scelte basate sulla qualità dell’offerta. Saranno sostenute, incentivate e incoraggiate inoltre, anche attraverso appropriate disposizioni contrattuali e di capitolato generale, le attività d’alpeggio orientate a conservare la natura ed il paesaggio per le ricadute d’interesse sociale generate. In dieci anni – conclude la Coldiretti regionale – le malghe utilizzate per il bestiame sono aumentate del 46%, un segnale incoraggiante anche per il prossimo futuro non solo di tante produzioni tipiche, ma anche dello stesso ambiente, considerato il ruolo di salvaguardia svolto dagli agricoltori in zone difficili come quelle di montagna.

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