Apre il 23 ottobre prossimo, alla Triennale, la mostra “…ma poi, che cos’è un nome?”, in occasione dell’80esimo anniversario dell’emanazione delle Leggi antiebraiche – nell’ambito delle iniziative di “Milano è Memoria” -. La mostra è il frutto di un grande lavoro di recupero archivistico – e insieme di un allestimento tecnologico – realizzato dalla Fondazione CDEC (entro di documentazione ebraica contemporanea), insieme all’Università degli Studi di Milano, alla Cittadella degli Archivi di Milano e alla Fondazione Memoriale della Shoah.
Per decenni si è ritenuto che l’intero archivio del censimento di Milano, all’indomani dell’entrata in vigore delle leggi antiebraiche, fosse andato perduto. Rinvenute invece sorprendentemente nei depositi del Comune nel 2007 e trasferite alla Cittadella degli Archivi nel 2013, le carte del censimento negli ultimi tre anni sono state oggetto di un accurato lavoro di ricerca condotto dal Dipartimento di Studi Storici dell’Università Statale con la consulenza della Fondazione CDEC. A Milano, alla vigilia del censimento, si stimavano residenti, a seconda delle fonti, tra i 6200 (Unione delle Comunità Israelitiche Italiane), e gli oltre 10.000 ebrei (Ministero dell’Interno). Se il cuore dell’esposizione è il recupero degli archivi e dei documenti degli ebrei milanesi censiti all’indomani dell’entrata in vigore delle leggi razziali (il censimento prese il via il 22 agosto 1938), non meno significativo è l’allestimento con cui vengono raccontate le storie – spesso solo frammenti di vite – di quanti, cittadini con pieni diritti fino al giorno prima, divennero “indesiderati”, quindi espulsi e infine perseguitati dal regime fascista. Ne sono un esempio i 15 dipendenti comunali ebrei “dispensati” dal lavoro all’indomani dell’emanazione delle leggi razziali. Una storia raccontata qualche mese fa come prima documentazione sul lavoro di ricerca compiuto. Progettato da Guido Morpurgo e Annalisa de Curtis dello Studio Morpurgo de Curtis ArchitettiAssociati, l’allestimento rappresenta le persone, con le informazioni minuziosamente raccolte dalla burocrazia del tempo e tradotte, con una originale narrazione visuale curata da Giorgia Lupi, già ideatrice del progetto “Dear data” diventato parte della collezione permanente del Museum of Modern Art, e dallo studio Accurat di Milano, “factory” specializzata nel desing, l’innovazione e la data visualization. Inoltre, la geografia stessa della Milano del 1938 è stata resa ripercorribile strada per strada grazie alle tecnologie digitali e all’esperienza dell’Unità SIT Centrale e Toponomastica del Comune di Milano. La mostra sarà inaugurata martedì 23 ottobre alle ore 18.30. Fino al 18 novembre è aperta martedì – domenica, orario 10.00-20.30.

IL CENSIMENTO DEGLI EBREI/SCHEDA. Al censimento del 1938 risultavano presenti in Italia – secondo le fonti ufficiali – più di 47.000 ebrei italiani, poco più dello 0,1% della popolazione cha raggiungeva i 45 milioni, oltre a 10.000 ebrei di nazionalità straniera. Le leggi razziali introdotte a partire dal 1938 costrinsero molti ebrei a lasciare l’Italia volontariamente (almeno seimila emigrarono), mentre altri sono stati deportati in campi di concentramento in Italia e all’estero (oltre 6.000). In poche settimane persero il lavoro circa 200 insegnanti, 400 dipendenti pubblici, 500 dipendenti privati, 150 militari e 2.500 professionisti, inoltre 200 studenti universitari, 1000 delle scuole secondarie e 4.400 delle elementari furono costretti a lasciare lo studio. Alla caduta del fascismo gli ebrei rimasti in Italia erano 37.000 e 7.000 gli ebrei stranieri.

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