A Cremona, tra il 2001 e il 2007, fu disastro ambientale. Lo ha sancito definitivamente la Suprema Corte di Cassazione, che ieri ha confermato la sentenza della Corte d’Assise di Appello di Brescia che nel 2016 aveva condannato a 3 anni di reclusione Enrico Gilberti – l’amministratore delegato preposto alla gestione della raffineria Tamoil di Cremona – oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili, tra cui Legambiente Lombardia e il Comune di Cremona, per disastro innominato colposo di tipo ambientale avvenuto tra il 2001 e il 2007. Idrocarburi e benzene hanno inquinato la falda acquifera e i terreni di società canottieri e circoli ricreativi in prossimità delle rive del Po, a Cremona. Sversamenti usciti da fogne vetuste, andati avanti in silenzio per anni.
Il dirigente della Tamoil è stato ritenuto responsabile di aver omesso o comunque ritardato il più possibile una doverosa attività di verifica della tenuta del sistema fognario interno all’impianto, nonché la conseguente e altrettanto doverosa azione di ripristino e manutenzione, nonostante fosse pienamente consapevole delle gravi condizioni in cui versava.
Il risultato è frutto della caparbia iniziativa e dell’impegno civico di un insieme di soggetti che in questi anni si sono dedicati con tenacia al processo: il circolo Legambiente Cremona, gli avvocati e i consulenti di tutte le parti civili, Legambiente Lombardia che con l’avvocato Sergio Cannavò – presidente del Centro di Azione Giuridica regionale dell’associazione – ha seguito la costituzione di parte civile nei processi, i Radicali di Cremona e Gino Ruggeri che hanno promosso l’azione popolare in primo grado, le altre associazioni, i soci delle società canottieri e i cittadini che hanno continuato a sostenerne l’azione.
“Casi come quello della Tamoil – commenta l’Avvocato Sergio Cannavò – non devono più verificarsi. Purtroppo guardando i dati sulla criminalità ambientale e sui casi di inquinamento accertato è difficile essere tanto ottimisti; siamo però consapevoli che grazie alle nuove norme e al completamento del sistema dei controlli ambientali, che speriamo presto potrà essere concluso, sarà più semplice prevenire, contrastare e se necessario sanzionare la azioni più gravi compiute ai danni dell’ambiente.”
All’epoca dei fatti e dell’avvio delle indagini non era infatti ancora in vigore l’attuale sistema di tutela penale dell’ambiente, che dal 2015, grazie alla “legge sugli ecoreati”, si è arricchito di nuove fattispecie e nuovi istituti, tra cui i delitti di “disastro ambientale” e “inquinamento ambientale”. Probabilmente con questo nuovo impianto normativo sarebbe stato possibile circoscrivere meglio e in tempi più rapidi le effettive responsabilità dei vertici aziendali della Tamoil. Così come sarebbe stato possibile accertare la responsabilità “amministrativa” dell’azienda, che dalle condotte dei suoi dirigenti ha tratto indubbiamente ingenti vantaggi economici.

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