Ultimamente, pure quella in Italia si è fatta farsa. Così, le autogestioni nei licei sono diventati i momenti della canna libera e le occupazioni stranamente cadono per farsi un bel ponte a Sant’Ambrogio.

La contestazione dei palestinesi nei confronti della Brigata Ebraica si compone di quattro schiamazzi deficienti il 25 aprile. Non parliamo delle sfilate delle famiglie ultracattoliche. Il nostro contributo alla pace in Medioriente si compone di slogan ritriti che manco i genitori pensionati del 1968.

Ora però, stiamo esagerando: il 5 maggio, ovvero domani, sfileranno dalle 15 in Stazione Centrale i contestatori anti-Eni. Scrive il Corriere: “È l’appuntamento principale di una campagna che riunisce anche i movimenti di protesta contro la costruzione del gasdotto Tap in Puglia e che, per la tematica geopolitica internazionale, potrebbe richiamare i gruppi «neri» dall’estero (Francia, Svizzera, Germania)”. Incredibile. Utile, soprattutto. Chissà se i contestatori arriveranno in auto, con la benzina che Eni importa. E se mangeranno con il gas che passa per i gasdotti. Ma soprattutto, quel che mi chiedo: ma se l’ENI sta a San Donato, perché mai vengono a contestare a Milano?
La contestazione non è più solo una farsa (con danni però molto reali).
Sta diventando anche miope.
Nel senso che proprio sbaglia mira.
E pure città.

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