C’erano una volta i grandi problemi della città. Per esempio, la manutenzione ordinaria. Oppure le vasche di laminazione per evitare che il Seveso esondi, che pare siano bloccate per volontà di uno dei comuni interessati. Oppure la rimozione del pavè. Poi ci sono le iniziative culturali, con il problema di un sistema che non funziona e non genera abbastanza introiti (su Affaritaliani.it Milano ce ne siamo occupati ampiamente). Poi c’è il tema del lavoro: lo sviluppo va incentivato. E i tanti buchi neri in giro per la città. Bene la riqualificazione della Centrale, ma fatevi magari un giro in Bovisa. E poi c’è il tema dell’ambiente, da sempre diviso tra talebani della bicicletta e automobilisti incalliti. E poi c’è il tema evergreen dei mezzi pubblici che dovrebbero integrarsi tra treno e tram, tra Atm e Trenord, e ancora siamo qui a parlarne. C’è il tema del biglietto unico integrato con l’hinterland e il rapporto con gli abitanti di fuori rispetto alla città “di dentro”. C’è il problema politico della Milano isola abbastanza felice del Nord. Poi ci sono i Navigli. Che non sono un problema. Niente affatto. Eppure iniziano ad essere usati come arma di distrazione di massa, come già era stato con Ema. Come dice un amico mio: non fissatevi sulle finte ma state fermi sulla palla. State fermi sulle cose concrete, non sulle cazzate. Riaprire i Navigli non è una priorità. La priorità è mandare avanti questa città, che da sola comunque continua a produrre innovazione. Un esempio? Domani Fastweb, presso la Cariplo Factory, presenta il bilancio della sua Digital Accademy: corsi di un privato per la città del futuro, per il futuro della città. Ci saranno menti illuminate, come Guzzetti e Calcagno, e Sergio Scalpelli. Ecco, al di là dell’ammirazione che uno può avere per chi da privato agisce nell’interesse pubblico, mi viene una domanda: ma davvero di fronte alla sfida della città del futuro dobbiamo spendere soldi per riaprire canali chiusi, peraltro con progetti di riapertura discutibili?

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