C’erano una volta le priorità. Spelacchio non è una priorità. Virginia Raggi che non si ricandida non è una priorità. Non lo è dove correrà la Boschi, o il fatto che invece Renzi si ricandida. Non importa molto neppure che Berlusconi vorrebbe ricandidarsi. Rispetto alla notizia della crisi dei centristi, addirittura spelacchio sembra importante. Per non parlare dell’avanti indietro di Di Maio sull’euro sì euro no, che sembra un balletto partenopeo. Ma va bene così, andiamo avanti a istupidirci di cretinate. Va bene così, lasciamo pure che la giustizia abbia urgente bisogno di una riforma. Va bene così, lasciamo pure che non esiste una politica nazionale sulle case popolari. Va bene così, lasciamo che non ci sia una vera politica sulla povertà. Va bene così, lasciamo che non ci sia una vera politica sullo sviluppo, e che le aziende debbano vivere le assunzioni non come un momento gioioso di crescita, ma come un peso crescente sulle spalle da parte dello Stato. A va bene pure così per gli squilibri nei diritti e nei servizi. Così, mentre concioniamo di ius soli, come se fosse una priorità, tutti i cittadini italiani, di destra e di sinistra, nuovi italiani e antichi italiani, non hanno una rete di trasporti all’altezza da nord a sud, hanno un sistema scolastico che fa vomitare per colpa dello Stato e competenze in ambito pubblico da riformare. Ma è Natale e siamo tutti più buoni. E una preghiera per il povero Spelacchio, l’abete di Natale più sfigato del pianeta. Ovviamente piantato, per modo di dire, a Roma.

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