I lombardi sono convinti che la nostra Regione sia un territorio dalle tante opportunità, che qui sono più accessibili rispetto alle altre realtà italiane. Tuttavia questa marcia in più costa e richiede maggiori sacrifici in termini anche di qualità della vita e i cittadini della nostra regione fanno sempre più fatica ad assumersi le proprie responsabilità e a fare passi importanti e significativi nel loro percorso di vita perché potenzialmente soggetti al rischio dell’insicurezza sociale. Uno stato a cui concorrono l’aumento della precarizzazione del lavoro, dalla preoccupazione per il futuro dei figli e il timore che si abbassi la qualità dei servizi, soprattutto in campo assistenziale e sanitario.
E’ questa la fotografia sulla società lombarda scattata da Eupolis, l’Istituto di Ricerca regionale, che ha indagato per individuare le nuove esigenze e approfondire i bisogni. La ricerca è stata presentata oggi nel corso di un Seminario svoltosi a Palazzo Pirelli, al termine del quale c’è stata una conferenza stampa nel corso della quale il Presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo, i Vice Presidenti Fabrizio Cecchetti (Lega Nord) e Sara Valmaggi (PD) e il Consigliere Segretario Eugenio Casalino, hanno commentato i risultati scaturiti.
Lo studio di Eupolis si basa su rilevazioni compiute sulla popolazione lombarda giovanile e adulta e su approfondimenti qualitativi sviluppati tramite focus group articolati per territori. La ricerca  evidenzia come rispetto alle altre regioni italiane, la Lombardia ha mostrato più capacità di reazione dal basso alla crisi e presenta maggiori potenzialità di sviluppo E nell’immaginario collettivo continua a essere vista come territorio delle opportunità.

Il tasso di fecondità in Lombardia (1,44) è superiore a quello nazionale (1,35), ma inferiore a diversi altri Paesi europei. Se i “propensi in generale” ad avere figli sono circa il 60% degli intervistati, è altrettanto vero che coloro che stanno attivamente cercando mettere alla luce un figlio sono solo il 10%: solo un cittadino lombardo su 10 tra coloro che sono nelle condizioni di poterlo fare.
Lo studio di Eupolis evidenzia come otto lombardi su dieci dichiarano di vivere con la propria famiglia: sono solo due su dieci coloro che vivono da soli, pari a circa un milione e mezzo, e tra questi il 13% dichiara di non frequentare nemmeno persone della propria età, se non raramente.
Il 15% della popolazione si occupa costantemente di un parente affetto da una malattia cronica o da disabilità e oltre il 50% di questi afferma di dedicare almeno due ore al giorno del proprio tempo per prestare loro assistenza.


Nei giovani da 18 a 34 anni il 62% dichiara di lavorare, mentre il 14% non studia e non lavora (Neet). Si tratta della metà del valore medio nazionale, ma più alto della Germania e dei Paesi scandinavi.
Il volontariato e l’impegno politico interessano solo un’esigua minoranza della fascia giovanile lombarda, il primo indicato come principale attività dal 5%, il secondo dal 4%. Da rilevare anche il tasso di occupazione femminile: 57% contro una media UE al 64%.


La società lombarda si autodescrive pertanto sempre di più come una società soggetta al rischio della solitudine e del crescente individualismo. Pur essendo abbastanza soddisfatti della propria vita sociale, gli intervistati percepiscono che è in atto una trasformazione della società, con un forte indebolimento di quelli che erano gli elementi del tessuto sociale tipici proprio della società lombarda dal secondo dopoguerra a oggi.
L’insicurezza sociale ed esistenziale a sua volta viene rafforzata dalla percezione di un crescente “meticciamento culturale, dovuto all’intensità dei flussi migratori verso la nostra regione. Ci si interroga su come sarà possibile reggere sul lungo termine a questi continui arrivi e su quale tipo di identità culturale saremo in grado di sviluppare nei prossimi decenni.
Nei focus group è stata sottolineata la necessità che la Regione colga questo bisogno di ritrovare sicurezza e identità e supporti la società lombarda ad evolvere verso un modello multi-culturale che nei fatti è inevitabile, ma che non deve necessariamente significare anche perdita di identità e smarrimento dei propri valori.

 

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