C’era una volta il Giambellino e la Milano tanto bella da non dover chiedere mai.

Allora, vi racconto che cosa è successo ieri.

Ieri mi capita per le mani una lettera riservata da parte della magistratura tributaria inviata a tutte le più alte cariche dello stato, dal presidente della repubblica al ministro della giustizia. Una lettera nella quale i magistrati (ehi, i magistrati, quelli della giustizia, capito?) dicono che non vogliono trasferirsi al Giambellino. Perché? Molto semplicemente perché secondo i magistrati il Giambellino è un posto insicuro, a tarda sera i magistrati rischiano e pure gli utenti, e in più non si trova parcheggio. E poi, il Giambellino, scrivono, è estrema periferia. E noi, sottinteso, in estrema periferia non ci vogliamo andare. Allora, qui si sottendono tre problemi. Il primo è quello di una città che continua a pensare, in barba alla logica minima, che i servizi vadano concentrati al centro e il residenziale fuori, quando è ovvio che così facendo si intasa il centro e si spopola la periferia. Non è un caso che tutte le città che provano a funzionare fanno esattamente l’opposto. Il secondo problema è di narrazione: ma come, Milano non era la città sicura, bella, rinata? E allora perché i magistrati hanno paura? Il terzo problema riguarda i magistrati: ma in quale Paese del mondo chi amministra la giustizia, anche se tributaria, dichiara di non volersi spostare perché ha paura a starci la sera? E qui, passo e chiudo.

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