C’era una volta un Paese che “buongiorno signora maestra”. Che io ricordi, la stragrande maggioranza dei miei insegnanti nei livelli inferiori: elementari, medie, liceo, erano donne. Così come la stragrande maggioranza dei miei professori all’università erano uomini. Secondo l’Ocse, che non è esattamente l’istituto di sondaggi di Topolino e Paperino, dal 2005 al 2014 – la presenza femminile nelle aule scolastiche, in tutta Europa, è cresciuta dal 62 al 68 per cento. Non ci vuole un genio a capire il perché la gran parte degli insegnanti sono donne. Tradizionalmente, fin dagli anni 70, il mestiere della maestra lasciava il pomeriggio libero, aveva un basso stipendio e il posto di lavoro era raggiungibile a piedi da casa. Quindi, perfetto per signore che volessero al contempo lavorare e portare avanti la famiglia. Sessismo? Certo. Ma è una pura constatazione senza valutazioni di merito. Le valutazioni di merito, invece, le fanno proprio quelli dell’Ocse: “Persistenti squilibri di genere nella professione di insegnante – scrivono gli esperti – hanno sollevato una serie di preoccupazioni. Data l’entità del fenomeno sarebbe interessante indagare il potenziale impatto del divario di genere nell’insegnamento, per esempio, sui risultati di formazione o di carriera”. Tradotto: non sarà mica che ci sono troppi insegnanti donne e per questo si impara di meno sui banchi di scuola? E quindi la domanda: non è che all’Ocse avranno guardato troppi programmi della Perego con slide tipo quelle sulle fidanzate dell’est?

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