“Quarto Grado” ha intervistato il sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda, che ha richiesto l’arresto di Stefano Binda per il delitto di Lidia Macchi, avvenuto nel gennaio 1987. «Lo dovevamo a Lidia Macchi, alla sua famiglia, a noi stessi e alle molte persone che per 29 anni sono state inseguite dal vento velenoso della calunnia e del sospetto», dichiara il sostituto pg. «Si è trattato di un percorso faticoso alla ricerca della verità», prosegue la Manfredda. «Effettivamente credo di poter dire che siamo a una svolta, nel senso che per l’impegno e le indagini svolte dalla squadra mobile di Varese si è raggiunta la prova che la persona arrestata oggi sia l’autore dello scritto anonimo “In morte di un’amica” ricevuto dalla famiglia Macchi il giorno del funerale della figlia, il 10 gennaio 1987. Si tratta di uno scritto che ha sempre rivestito un ruolo di centralità sin dall’inizio dell’indagine, proprio perché descrive con particolari che allora erano inediti il gravissimo fatto di sangue. Anche l’odierna fase di questa indagine – spiega il sostituto pg – è basata sulla dimostrazione dell’equazione che l’autore di quello scritto anonimo sia anche l’autore dell’omicidio». «Siamo in una fase ancora cautelare del processo di indagine, che per sua natura è una fase provvisoria. Naturalmente il compendio probatorio dovrà essere arricchito da ulteriori riscontri», aggiunge la Manfredda. Dopo aver confermato che «la contestazione è di omicidio aggravato», il sostituto procuratore generale di Milano sottolinea il ruolo delle inchieste giornalistiche nel raggiungimento della svolta di questo caso: «Trasmissioni come “Quarto Grado” hanno contribuito a risvegliare le coscienze e a sensibilizzare le persone».

Print Friendly, PDF & Email