C’era una volta la città senza muri di Pierfrancesco Majorino.

Nella città senza muri di Majorino, si fanno marce per dire che non bisogna mettere i muri ma gettare ponti. Nella città senza muri di Majorino si fanno lunghissime tavolate da Guinness dei primati, per dire che bisogna spezzare il pane con i fratelli.

Nella città di Majorino, uno come me che dice che le marce non sarebbero servite (e non lo sono state) né per gettare ponti né per alzare muri, ma per alzare il gradimento personale di un uomo politico, è un insensibile razzista un po’ fascioleghista.

Nella città di Majorino, dunque, il sindaco di questa città, chissà perché, quando Majorino gli ha detto che voleva fare una seconda marcia senza muri, ha alzato un muro e gli ha detto: anche no, fai qualcosa d’altro.

Nella città di Majorino, quindi, Majorino ha organizzato una enorme tavolata che possa garantire che spezzare insieme il pane sia qualcosa di grande e positivo. E forse lo sarà, ma come per la volta scorsa, sarà qualcosa di simbolico e non risolutivo, che avrà come unico fine il rialzare la polemica sui migranti in un momento che elettoralmente segnava la fine di tante cavolate.

Piccola nota a margine, nella città di Majorino, uno scoop di Radio Lombardia dimostrava che Atm non solo è preda dei portoghesi, che non sono una pericolosa specie extracomunitaria extraterrestre (anche perché il Portogallo fa parte dell’Unione Europea), ma che nasconde i portoghesi, quelli che non pagano il biglietto. Nella città di Majorino questa forse dovrebbe essere una priorità. Ma intanto fermiamoci e mangiamo. Tutti insieme. Poi andiamo a prendere il metrò, tanto è gratis.

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